AGI - Con la didattica a distanza si rischia di perdere una generazione. Ad affermarlo è la sociologa Chiara Saraceno che, intervistata dall'AGI, spiega: "Non bisogna dare nessuno per perso, ma ci sono i ragazzi in difficoltà che già prima rischiavano di perdersi. Stanno aumentando le disuguaglianze e si assiste ad un abbandono silenzioso da parte di alcuni studenti".
La scuola in presenza è importante anche per i più grandi
Per Chiara Saraceno le disparità sociali esistevano già, ma "quando anche la scuola è fatta in condizioni di disuguaglianza, allora diventa una voragine". "La didattica in presenza - spiega la sociologa - è importante anche per i più grandi, non solo per gli studenti delle scuole medie: dei ragazzi delle superiori spesso ci si dimentica. È importante per diversi motivi: la scuola in presenza consente un'interazione migliore, tanto che all'insegnante basta uno sguardo per capire se lo studente è attento, se non capisce o se si è perso nei suoi pensieri. La comunicazione visiva è un aspetto tutt'altro che banale. Non basta sentire, è importante vedere tutti gli alunni. Per gli studenti poi la didattica a distanza, così come è fatta oggi, richiede una capacità di attenzione e di concentrazione molto più alta di quella in presenza. Inoltre, stanca molto di più".
Non tutti hanno le competenze e gli strumenti
"Un altro fatto da considerare - aggiunge Saraceno - è che non tutti hanno gli strumenti adatti, dal computer alle connessioni. Spesso non si è attrezzati. Siamo andati avanti anni a dire che i giovani sono schiavi del computer e poi li abbiamo piazzati davanti a uno schermo pensando che potessero cavarsela da soli, ma un conto è fare un tik tok, altro conto è saper navigare con competenza distinguendo il vero dal falso".
Si è perso tempo d'estate e ora tutti faticano
Secondo la sociologa "all'inizio della pandemia nessuno era pronto, ma quello che è stato fatto dopo non è stato sufficiente". "Io sono esterrefatta - afferma - che non si sia fatto niente durante le vacanze estive, per esempio non si sono fatti corsi di recupero. Adesso tutti stanno facendo fatica, studenti e insegnanti"
"Deve essere la scuola a doversi organizzare - prosegue Saraceno - creare la figura del tutor, magari stringendo alleanze con le Università, e trovare luoghi di prossimità. Purtroppo la scuola non è considerata una priorità, si è investito pochissimo negli anni, sia nell'edilizia scolastica sia nella formazione degli insegnanti. Nel Recovery Plan ci sono pochi soldi per la scuola e quella dell'infanzia è dimenticata".