AGI - “Avevamo da pochi giorni celebrato la Pasqua, quando con i miei confratelli ho accolto le bare provenienti da Bergamo”. Fra Roberto Rossi Raccagni, frate cappuccino che vive nel convento di San Nazzaro a Novara, ricorda molto bene i giorni più drammatici del primo lockdown.
Al cimitero di Novara, di cui i frati hanno la cura spirituale, in quei giorni subito dopo la silenziosa Pasqua del 2020, erano arrivate decine e decine di feretri dalla Lombardia. Bare anonime, accatastate sui camion militari, senza un solo briciolo della pietà umana che accompagna di solito i morti alla loro ultima dimora.
Proprio i frati cappuccini, insieme al parroco della parrocchia del quartiere di Novara in cui sorge il cimitero, hanno garantito per settimane un gesto minimo di accoglienza e di accompagnamento.
Ed ora un istante di quel rito semplice, ripetuto tante volte mentre la città era sprofondata nel silenzio e nel deserto delle strade, e fissato in una splendida fotografia è stato scelto dal National Geographic tra le immagini più rappresentative del 2020 inserite in uno speciale che è in edicola in questi giorni.
La foto, scolpita con tutta la eloquente drammaticità del bianco e nero, è del fotografo Alex Majoli e fra parte di The Covid-19 Visual Project, un progetto culturale nato dalla partnership tra il Festival internazionale Cortona On The Move e Intesa Sanpaolo. Dallo stesso progetto è stata scelta anche un’altra immagine realizzata da Gabriele Galimberti e Paolo Woods durante il lockdown di marzo-aprile all’interno del museo milanese delle Gallerie d’Italia.
“Era il 17 aprile – ricorda fra Roberto – il venerdì dopo Pasqua. Io sono andato con alcuni altri frati ad accogliere quell’ennesimo convoglio in arrivo da Bergamo in una condizione psicologica un po’ particolare: avevo appena saputo che una mia carissima zia era mancata, stroncata proprio dal Covid”.
Nelle lunghe settimane del lockdown i frati, pur nella difficoltà per i gravi rischi del contagio, che ha marginalmente toccato anche la comunità, hanno continuato ogni giorno a celebrare la liturgia, che veniva trasmessa in streaming per mantenere il contatto con i fedeli, e a offrire il servizio agli ultimi, garantendo l’attività della mensa quotidiana. Ma quel momento, al cimitero, è rimasto inciso nella memoria di fra Roberto.
Una emozione che si traduce in una riflessione. “Mi è parso di sentire mentre passavo benedicendo le bare, da una parte il grido del Cristo sulla croce - “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato” - e dall’altra la voce del Risorto che andando incontro alle donne alla tomba le ha prese per mano le ha risollevate e ha detto loro “Non temete sono io, sono risorto”. Nel buio della vita Dio ci viene sempre incontro, anche attraverso la preghiera e la benedizione di persone sconosciute”.