AGI - Laura Mambriani, che le sta mettendo insieme, dice che “questo gruppo c'è più di aiuto delle sedute dallo psicologo”.
Il primo nome era ‘Unite dal dolore’, poi è diventato ‘Unite dall’amore’ “perché abbiamo deciso che volevamo superare il vuoto riempiendolo con la nostra forza condivisa”. Sono le vedove dei morti di Covid: per ora una trentina, ma il numero cresce di giorno in giorno, “la più giovane ne ha 31, la più anziana 75, provenienza geografica da nord a sud’.
Solo qui possiamo dirci quello che ai figli non si può
Il luogo di ritrovo è una chat di messenger in cui, racconta all’AGI la coordinatrice, succede di tutto, “di notte in particolare, quando tante non dormono”.
Una forma di elaborazione del lutto che al riparo di queste ‘mura’ digitali erette dentro il mare di Facebook può dispiegarsi in ogni sua sfumatura. Prima c’è la rabbia, assieme al ricordo: “All’inizio ci si sfoga, qui non veniamo giudicate come quando parliamo con gli amici o i familiari, non esistono frasi di circostanza. Possiamo confidarci in serenità su quanto ci danno fastidio le foto delle coppie, la felicità degli altri. Dei nostri mariti ci siamo rivelate tutto, anche quello che, per non farli soffrire, non diciamo ai figli”.
Poi gli sfoghi sono diventati amicizia: “E’ come se ci conoscessimo da anni. Ci scambiamo consigli su come comportarci con figli o nipoti, facciamo lunghe videochiamate, ci supportiamo nei diversi stadi di dolore: chi è più indietro viene aiutata con una battuta, una riflessione, un incitamento”.
Le mamme di 31 e 34 anni le più fragili
Qualcuno ne ha più bisogno: “Le più giovani di 31 e 34 anni sono le più fragili, colpite nel momento di massima felicità, coi bambini piccoli, una vita davanti. Rapportarmi con loro – spiega Laura che ha 54 anni e ha perso il marito, Danilo, di 58 – in qualche modo mi ha aiutato a ridimensionare la mia sofferenza. Io ho avuto una vita da spendere con lui, la loro si è spezzata all’alba. Poi ci sono le donne sole, senza figli, alcune vivevano in simbiosi coi mariti. E' dura ricostruirsi”.
C’è spazio anche per la frivolezza, una leggerezza in realtà che ‘pesa’ molto: “Se qualcuna di noi si trucca o pettina in modo particolare manda la foto alle altre come un segnale: ce la possiamo fare a tornare belle, a vivere”.
A Capodanno sulla pagina di ‘Noi Denunceremo’, l’immenso coro dolente quotidiano dei familiari delle vittime, sono uscite per la prima volta allo scoperto postando le loro foto mentre liberavano in cielo dei palloncini bianchi coi nomi dei mariti. “Da allora continuano ad arrivarmi richieste di chi vuole entrare nel gruppo, io sono contenta di dire sì a tutte. Non abbiamo potuto assistere i nostri mariti, dargli una sepoltura. Questo è il nostro modo di dargli voce e di riprenderci la nostra”.