AGI - Bene, i vaccini ci sono: distribuiteli. Gratis. A tutti, iniziando dai più deboli.
Bergoglio non si affida ai mezzi termini, alle mezze misure. Siamo fratelli? Comportiamoci da tali. Prima i poveri e i bisognosi, poi gli altri. Da ultimi, se ne evince, i ricchi i potenti e i sani. Dovranno aspettare un po’, ma se la produzione mantiene le promesse fatte non si tratterà poi di molto.
Chi non è in pericolo sappia attendere. Poche ore fa invitava a evitare il piagnisteo, il Pontefice. Diamoci da fare, diceva. Oggi va oltre e detta ai governanti e ai potenti, cui si rivolge direttamente e senza giri di parole, le scadenze e le urgenze, imposte dalle necessità.
È il passo logicamente successivo all’aver enunciato, non più tardi dello scorso ottobre, che c’è bisogno di una nuova fratellanza. Se lo si pensa veramente, si agisca di conseguenza. Senza infingimenti.
“Tutti possiamo chiamarci ed essere realmente fratelli” con le nostre identità e diversità, spiega eliminando con una frase ogni pretesa di primogenitura da parte di chicchessia. È il messaggio di Natale, seguito dalla benedizione Urbi et Orbi. A Roma e al Mondo, dove tutti ugualmente figli dell’unico Padre.
Parla dall’Aula delle Benedizioni, invece che dalla finestra del Palazzo Apostolico. Anche questo gli ha imposto, il coronavirus. Per la seconda volta in pochi mesi lo priva del contatto diretto con la gente, quel popolo che lo affascina pastoralmente come teologicamente.
Premessa: “In questo momento storico, segnato dalla crisi ecologica e da gravi squilibri economici e sociali, aggravati dalla pandemia del coronavirus, abbiamo più che mai bisogno di fraternità. E Dio ce la offre donandoci il suo Figlio Gesù: non una fraternità fatta di belle parole, di ideali astratti, di vaghi sentimenti”.
Enunciato: “Una fraternità basata sull’amore reale, capace di incontrare l’altro diverso da me, di con-patire le sue sofferenze, di avvicinarsi e prendersene cura anche se non è della mia famiglia, della mia etnia, della mia religione; è diverso da me ma è mio fratello, è mia sorella. E questo vale anche nei rapporti tra i popoli e le nazioni”.
Regola generale: tutti fratelli e addio a chi si crede migliore perché diverso. La creazione tutti uguali ci rende, e se la Rivelazione è una il dovere di solidarietà non viene meno.
È però il riferimento ai popoli e alle nazioni che apre la porta al completamento del ragionamento. Papa Francesco lo dice chiaramente: rivolge un pensiero alle donne violate tra le mura domestiche, esalta la famiglia, indica all’imitazione chi lotta e non si abbatte, ma soprattutto chiede a chi può di essere primo nella generosità.
“Oggi, in questo tempo di oscurità e incertezze per la pandemia, appaiono diverse luci di speranza, come le scoperte dei vaccini", spiega a chi deve avere orecchie per ascoltare, “ma perché queste luci possano illuminare e portare speranza al mondo intero, devono stare a disposizione di tutti".
"Non possiamo lasciare che i nazionalismi chiusi ci impediscano di vivere come la vera famiglia umana che siamo. Non possiamo neanche lasciare che il virus dell’individualismo radicale vinca noi e ci renda indifferenti alla sofferenza di altri fratelli e sorelle”., afferma.
Insomma, “non posso mettere me stesso prima degli altri, mettendo le leggi del mercato e dei brevetti di invenzione sopra le leggi dell’amore e della salute dell’umanità. Chiedo a tutti: ai responsabili degli Stati, alle imprese, agli organismi internazionali, di promuovere la cooperazione e non la concorrenza, e di cercare una soluzione per tutti: vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi di tutte le regioni del Pianeta. Al primo posto, i più vulnerabili e bisognosi”.
Più chiari di così non è possibile essere, il Papa usa toni ai limiti della brutalità. Troppo spesso ha sentito parlare di precedenze sulla base della cittadinanza, e quasi sempre da parte di uomini e donne del mondo ricco e sviluppato. Deve avvenire il contrario, gli ultimi devono essere i primi: “il Bambino di Betlemme ci aiuti allora ad essere disponibili, generosi e solidali, specialmente verso le persone più fragili, i malati e quanti in questo tempo si sono trovati senza lavoro o sono in gravi difficoltà per le conseguenze economiche della pandemia, come pure le donne che in questi mesi di confinamento hanno subito violenze domestiche”.
La sfida è globale e universale, e non fa differenza di censo o di posizione sociale. Uguale sia la risposta: non conta chi ha, ma chi ha bisogno. “Di fronte a una sfida che non conosce confini, non si possono erigere barriere. Siamo tutti sulla stessa barca”, afferma Bergoglio.
“Ogni persona è un mio fratello. In ciascuno vedo riflesso il volto di Dio e in quanti soffrono scorgo il Signore che chiede il mio aiuto. Lo vedo nel malato, nel povero, nel disoccupato, nell’emarginato, nel migrante e nel rifugiato”. Si inizi da loro, e gli altri dietro. Se possibile, senza spingere.