AGI - "Ti ho comprato una stella di Natale: è lì, davanti alla tua foto, adoravi tanto questa pianta". Alex, 36 anni, per la mamma Wanda di 75. "Non è Natale per me, ma la tavola la apparecchio come sarebbe piaciuto a te che ti brillavano gli occhi davanti al cibo". Elisabetta, 39 anni, per il papà Santo di 67.
"Fingerò che sia una normale domenica come le altre. Facevi un bellissimo albero gigante di lucine sul muro di casa che si vedeva dal paese di fronte. Ogni anno non vedevamo l'ora di scoprire come l'avevi fatto, sempre diverso. Ora c’è il buio". Emanuela, 53 anni, per il papà Renato di 79.
Il Natale degli orfani del Covid ha un'ombra sulle cose piccole: un profumo, un colore, un dettaglio che fa più male di tutto il resto.
Racconta Emanuela, e chiede di poterlo fare scrivendo "perché a parlare piangerei", che "il ricordo più bello è l'ultimo Natale con lui. Dopo tanto tempo siamo riusciti a farlo tutti assieme, siamo 4 fratelli tutti con famiglia ed era un pò che non ci riunivamo. Gli brillavano gli occhi dalla felicità, aveva preparato i regali per i suoi nipotini e gli aveva riempito dei sacchi con giochi, vestiti, dolci e libri spiegando che glieli aveva lasciati Gesù Bambino. Ci sono stati tanti abbracci l’ultimo Natale, più del solito".
Il sapore che mancherà a Emanuela e a chi amava Renato è quello della "piovra con le patate che gli preparavo ogni anno. Mi faceva tanti complimenti. Quest’anno non la farò. Lui ci manda tanti segnali che è accanto a noi, ma noi vorremo che ci fosse proprio lui che ci scaldava il cuore. Sappiamo tutti che il corso della vita ci porterà a vedere i nostri genitori andarsene prima di noi però non in questo modo. Se fosse mancato per una malattia qualunque il dolore ci sarebbe comunque ma avremmo almeno la consolazione di averlo potuto assistere e accompagnare, fargli sentire il nostro amore. Invece ci sono questi sensi di colpa per non esserci stati che pesano come macigni in una storia che resterà incompiuta”.
Il papà di Elisabetta è stato tradito dalla sua vitalità: "Era in forma, continuava a fare il tuttofare, dopo una vita sul furgone. Lo chiamavano gli amici per farsi fare dei lavoretti in casa e lui non si tirava mai indietro. Ha preso il virus probabilmente per questo, il 13 marzo è iniziata la febbre, poi 40 giorni di sofferenza. Da figlia unica, dopo, mi sono presa tutto il carico, anche di mia mamma che dipendeva in tutto da lui.
La cosa che mi addolora di più è mettere insieme l'immagine di lui che a Natale mangiava gli avanzi di tutti, con gli occhi pieni di allegria, e quella di lui che diventa la metà in ospedale dove non mangiava nulla. Quello che la sta pagando di più è mio figlio di dieci anni. Mio padre per lui era il ‘nonno del sì’, lo accontentava in tutto. Lo riempiva di oggetti da collezione o che costruiva lui.
Quando ho fatto pulizia a casa di mamma, mi ha raccomandato di non buttare via le cose del nonno, le vuole tenere con sé. Mia madre dice che sarà un Natale come un altro ma non è così perché dobbiamo stare più vicini per il vuoto che c’è. Faremo il cenone per mio figlio e per mio padre, per la gioia che aveva quando si metteva a tavola”.
Per Alex è il primo Natale con la sensazione di essere diventato grande: “Con mia mamma se n’è andata per sempre la magia del Natale ed è cominciata la mia vita da uomo senza avere avuto il modo e il tempo di elaborare la perdita. Mi manca vederla in cucina e tutti noi attorno ad aiutarla, il suo sorriso mentre scarta il mio regalo a mezzanotte, i suoi auguri. L'albero di Natale l’ho addobbato malvolentieri, è come fosse in bianco e nero, manca il suo tocco, manca la luminosità che solo lei sapeva dare anche a un semplice abete come il nostro.
L'unico regalo che desidererei in questo triste Natale è che suoni il campanello la notte di Natale dicendoci che è stato uno scherzo. Non mi costa nulla aspettarla perché a dicembre qualcuno dice che le cose impossibili diventano possibili".