Tra le conseguenze di questo complicato 2020 non ci saranno solo i problemi sanitari ma anche uno smottamento demografico nel nostro Paese, già afflitto da una forte denatalità. Il rischio è che si scenda sotto le 400 mila nascite nel 2021. A dirlo all'AGI è Alessandra De Rose, professoressa di demografia alla Sapienza e componente del gruppo di esperti sul tema “demografia e
covid-19” istituito ad aprile scorso dal ministro per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti.
"Lo scenario - spiega - è molto preoccupante, l'Istat lo ha già confermato. I dati parziali dei primi otto mesi dell’anno evidenziano una riduzione di oltre sei mila e quattrocento nati rispetto allo stesso periodo del 2019. Questo significa che, al netto della pandemia, nel 2020 si preannunciava già una ulteriore diminuzione delle nascite".
L'orientamento dell'Istat è sostenuto dal primo Report consegnato il 14 dicembre scorso al Dipartimento delle politiche per la famiglia, dal gruppo di esperti del quale fa parte De Rose. Un sondaggio condotto nell’ultima settimana di novembre 2020 sui docenti universitari di demografia (professori e ricercatori) e altri esperti riconosciuti conferma un orientamento generale ad anticipare un effetto negativo. In particolare, a ritenere che il 2020 sarà caratterizzato da una sensibile riduzione dei concepimenti sono circa 3 intervistati su 4, solo poco più del 5% ritiene, al contrario, che ci sarà un incremento (per il 20% rimanente l’effetto è trascurabile). Per il 70 percento degli esperti è verosimile aspettarsi una riduzione sotto le 400 mila nascite nel 2021.
"Abbiamo notato un cambiamento in negativo delle aspettative dei giovani - osserva De Rose - molte coppie hanno deciso di rinviare il loro progetto riproduttivo, sia per l'incertezza economica e lavorativa che per il timore che la crisi sanitaria non finirà presto. Questo cambiamento non è ancora stato colto in pieno dalle statistiche, ma segnala un fenomeno allarmante".
Nel 2020 il tasso di occupazione femminile risulta sceso al 48,4%, una percentuale distante rispetto alla media europea. Inoltre, le donne che avevano già un lavoro e una famiglia hanno contato un sovraccarico di lavoro nel periodo di didattica a distanza (per il venir meno dei servizi per l’infanzia e del possibile aiuto dei nonni imposto dal distanziamento fisico). Cosa che frena la scelta di avere un ulteriore figlio.
Un altro fattore che rischia di incidere negativamente sulle nascite è che "quest'anno i centri di procreazione assistita sono stati meno frequentati per il timore di contagiarsi, e in Italia molte donne hanno bisogno dell'aiuto di questi centri, considerata l'età elevata in cui decidono di mettere al mondo un figlio".
De Rose mette in evidenza che per colpa del Covid "sta peggiorando anche la salute riproduttiva delle donne" e cita uno studio della regione Lazio: nella regione è aumentata la percentuale degli esiti negativi di gravidanza, perchè le donne, causa lockdown e limitazioni negli spostamenti, sono state monitorate di meno rispetto agli altri anni durante il periodo di gestazione. Di contro "è diminuita la percentuale delle nascite pre-termine, forse perchè le donne stando più a casa hanno vissuto in maniera più tranquilla la gravidanza".