AGI - Code di gente ai negozi, tutti stipati come sardine quando almeno un metro di distanza ci vorrebbe. Vie del centro affollate come se il problema fosse questo, in tempi di pandemia: il diritto allo svago. Ma è questo il mondo reale? No, risponde Papa Francesco. La lamentazione per le restrizioni imposte dal coronavirus è comprensibile, ma non è legittima se va oltre il punto in cui si passa alla pretesa di continuare a fare come se nulla fosse, o sia stato. La pandemia cambia tutto, va ripetendo da mesi e mesi, e se non cambia in meglio lo fa in peggio. Nulla sarà più come prima, quindi: lo si accetti e si agisca di conseguenza. E basta piagnucolare. Tramonta l'epoca dorata della spensieratezza, i tempi stanno per cambiare.
Solidarietà ci vuole, "fraternità tra di noi" e soprattutto quella che è la conditio sine qua non di tutto questo: gettarsi alle spalle lo spirito - paganeggiante - del consumo a tutti i costi. Materialismo di massa, mammona distribuito al popolo che non vuol pensare, il consumismo si riaffaccia non appena le maglie della pandemia sembrano allargarsi, o le si vuole allargate appunto per non pensarci più. E se proprio non è possibile ignorare lo stato fattuale delle cose, si reagisce come di fronte alla negazione di un diritto primario e inalienabile. Shopping e panettone, cenone e bollicine, persino l'innocua tombolata di gruppo, tutto deve essere concesso e garantito.
Per la seconda volta in pochi giorni Bergoglio lo dice e lo ripete, con la pazienza di chi si sforza di averne. Al termine dell'udienza di mercoledi' scorso chiese di approfittare delle restrizioni imposte dal covid "per purificare il modo di vivere il Natale, uscendo dal consumismo", rendendolo cosi' "più religioso e vero". Un accenno che diventa più preciso e cogente, perchè il Pontefice adesso (forse spinto dalle immagini televisive, magari poco felice di quel che ha visto) invita esplicitamente a non indulgere alla deprecazione, ma a vivere il Natale in autentico spirito di solidarietà.
"In questo tempo difficile, anzichè lamentarci di quello che la pandemia ci impedisce di fare, facciamo qualcosa per chi ha di meno: non l'ennesimo regalo per noi e per i nostri amici, ma per un bisognoso a cui nessuno pensa" esorta. Molla la fila al negozio, uomo contemporaneo costretto a fare i conti con la caducità delle tue false certezze, dai di mano alla generosità. Siamo Fratelli, tutti. E non tutti siamo ugualmente fortunati.
"Il Natale sia occasione di rinnovamento interiore", scandisce il Papa prima e dopo la recita dell'Angelus, ad evidente dimostrazione di quanto tenga alla riflessione, "sia occasione di preghiera, per portare avanti la fede e di fraternità tra di noi". Ed aggiunge, per essere ancor più chiaro: "Guardiamo soprattutto all'indigente". Perchè "il fratello che soffre è Gesù nella mangiatoia. Ci appartiene. è lui il presepe vivente. Incontreremo davvero il Redentore nel fratello che ha bisogno".
Al contrario di quel che si vede in giro, "non lasciamoci trascinare dal consumismo, che ci ha sequestrato il Natale. Il consumismo non è nella mangiatoia: li' c'è la povertà, la realtà, l'amore". Non è neanche in mare, il consumismo. Francesco non commenta direttamente la liberazione dei pescatori italiani appena rientrati dal sequestro in Cirenaica. Ne aveva ricevuto in passato le famiglie; due volte era intervenuto di persona a perorarne la causa, senza contare gli interventi di qualche porporato. Oggi si sofferma su altri pescatori, altrettanto disperati.
"La pandemia", ricorda, "ha causato particolare disagio a circa 400mila marittimi in tutto il mondo, bloccati sulle loro navi oltre la scadenza dei loro contratti, senza poter tornare a casa". Un'immensa flotta di autentiche vittime - loro si' - del coronavirus, lasciate in balia delle correnti e dell'indifferenza di chi non urla questa volta ai diritti violati e alle restrizioni illegittime. "Guardiamoci attorno", soggiunge Bergoglio. Oltre la fila al negozio.