AGI - In principio fu Angelo Borrelli, capo della Protezione civile dal 2017, nominato dal governo, su proposta del ministro della Salute Roberto Speranza, commissario per la gestione dell'emergenza coronavirus. Era il primo febbraio scorso, e Borrelli avrebbe dovuto fare da cerniera tra le varie amministrazioni e gestire i primi 5 milioni di euro stanziati dal Consiglio dei ministri per l'emergenza che l'Oms non aveva ancora definito pandemia.
Era lui l'uomo anti-Covid per eccellenza che gli italiani hanno imparato a conoscere piano piano quando alle 18, in punto, in collegamento dalla sede del Dipartimento della Protezione civile leggeva il bollettino quotidiano dei dati della curva epidemica. Un appuntamento carico di ansia per chi si sintonizzava, con il tragico aggiornamento dei morti accompagnato dalla solita premessa apparentemente rassicurante "ci tengo a precisare che non sono decessi 'da' coronavirus, avevano varie patologie tra cui il coronavirus...".
Dal 16 marzo, però, a prendersi la scena è stato Domenico Arcuri, già amministratore delegato di Invitalia, l'Agenzia nazionale per lo sviluppo, di proprietà del ministero dell'Economia, che, come recita il sito, "dà impulso alla crescita economica del Paese, è impegnata nel rilancio delle aree di crisi, opera soprattutto nel Mezzogiorno e finanzia i progetti grandi e piccoli, rivolgendosi agli imprenditori con concreti piani di sviluppo, nei settori innovativi e ad alto valore aggiunto".
È diventato lui l'uomo anti-Covid su cui ha deciso di scommettere il premier Conte che lo ha nominato commissario straordinario per l'emergenza coronavirus, incarico (del tutto gratuito) da svolgere, secondo le premesse, in raccordo con Borrelli, "programmando e organizzando le attività, individuando i fabbisogni, indirizzando le risorse umane e strumentali, procedendo all'acquisizione e alla distribuzione di farmaci, delle apparecchiature e dei dispositivi medici e di protezione individuale" e adottando, se necessari, provvedimenti d'urgenza.
Da quel momento i riflettori sono stati tutti per Arcuri che si è fatto carico della produzione e della distribuzione di ciò che mancava, come le mascherine (che l'Italia non aveva e acquistava solo all'estero), o di ciò che era insufficiente, come i ventilatori per le terapie intensive.
La sua struttura ha monitorato i posti letto e acquistato milioni di tamponi da distribuire poi alle Regioni, tanto per dirne una. Un lavoro che al Governo deve essere piaciuto molto se è vero che gli incarichi per Arcuri si sono accumulati, così da suscitare il malumore di non pochi esponenti politici.
In estate allo stesso commissario straordinario è stato affidato il compito di coordinare la riapertura delle scuole in sicurezza e incentivare, in particolare, la produzione dei banchi monoposto, con o senza rotelle. È a lui che, pochi giorni fa, è stata assegnata la responsabilità del piano operativo per la distribuzione dei vaccini in tutto il territorio italiano.
L'ex premier Renzi lo ha bollato come Superman ("Che in Italia qualsiasi emergenza la gestisca Arcuri, mi sembra esagerato"), Matteo Salvini lo ha addirittura definito "un incapace in ritardo su tutto". "Faccio da otto mesi il mestiere complicato del commissario straordinario all'emergenza - ha replicato oggi Arcuri, ospite di Agorà - e vorrei prima sfatare una leggenda che aleggia in queste settimane e cioè che io faccia troppe cose. Se voi elencate le attività che mi vengono richieste, tutte hanno a che fare con l'emergenza. Quindi io non faccio troppe cose. Ne faccio solo una. La seconda cosa che voglio dire è che io lavoro coordinando decine di persone, alle quali non finirò mai di essere troppo riconoscente, che da marzo di giorno e di notte, dal lunedì alla domenica, si occupano di questa tragedia che attraversa il mondo".
Quanto alle accuse di essere in ritardo, Arcuri si è 'difeso' così: "Il commissario ha poteri derogatori, proprio perché possa fare in fretta. Deve decidere? No, non decide come si affronta l'emergenza, acquisisce le decisioni del Governo e qualche volta del Parlamento, e cerca di attuarle nel tempo e nel modo migliore possibile".
Arcuri, alla fine, ha messo la faccia su tutto, anche su quella App Immuni, nata con l'idea di mappare i contagi e tenere sotto controllo l'evoluzione dell'epidemia. I suoi appelli, però, non hanno toccato la sensibilità degli italiani perché sono stati troppo pochi quelli che l'hanno scaricata.
Nel 'mare magnum' di virologi, epidemiologi, immunologi, infettivologi, microbiologi che in questi mesi ci hanno raccontato tutto, e il suo contrario, del Covid-19, gli italiani hanno familiarizzato con altri volti, fino a poco tempo noti solo agli addetti ai lavori. 'In primis' quello di Agostino Miozzo, dirigente della Protezione civile fino al primo ottobre scorso quando e' andato in pensione e coordinatore del Comitato tecnico scientifico, il gruppo di 26 tra scienziati ed esperti qualificati in rappresentanza di Enti e Amministrazioni dello Stato che orienta le scelte del governo ai tempi della pandemia.
Il nome di Miozzo era circolato tra quelli che avrebbero potuto occupare il posto di commissario alla Sanità in Calabria. Ipotesi che oggi sembrerebbe saltata. Miozzo avrebbe posto "troppe condizioni". Del Cts fa parte Silvio Brusaferro, il presidente dell'Istituto superiore di Sanità (scelto dal precedessore del ministro Speranza), che i primi tempi accompagnava Borrelli nell'aggiornamento dei dati del bollettino, dandone ovviamente una lettura più scientifica.
Al Cts c'è anche Franco Locatelli, direttore del Consiglio superiore di Sanità dal febbraio 2019. In questi mesi il suo mantra e' stato "rigore, prudenza e attenzione". La precisione quasi chirurgica nell'illustrare i dati epidemici e la peculiarità del timbro vocale hanno spinto il comico Maurizio Crozza a farne un'imitazione spassosa che ha divertito, per primo, il diretto interessato ("Sono morto dal ridere").
Chiude l'elenco degli uomini anti-Covid Walter Ricciardi, ordinario di Igiene alla Cattolica, consulente del ministero della Salute. Presidente dell'Iss prima di Brusaferro, Ricciardi è per antonomasia il sostenitore della 'linea dura' del governo, quello che in ogni occasione invita a non abbassare la guardia. È lui a parlare spesso di "epidemia fuori controllo" e ad auspicare "zone rosse" e "sanzioni" contro gli "irresponsabili che si assembrano". Il suo ultimo allarme è di pochi giorni fa: "Limitare tutto altrimenti rischiamo la terza ondata".