AGI - I cani addestrati a riconoscere l'odore del nuovo coronavirus potrebbero rappresentare un valido strumento di screening da affiancare alle procedure cliniche, ma, poiché la maggior parte degli studi sui risultati ottenuti dai nostri amici a quattro zampe non sono ancora stati pubblicati o revisionati, sarà necessario proseguire le ricerche in questo senso e ampliare i set di dati.
A questo argomento è dedicato un approfondimento sulla rivista Nature, in cui si analizza la letteratura scientifica sul potenziale contributo dell'intervento canino nella battaglia contro la pandemia. "Non pensiamo assolutamente che i nostri amici a quattro zampe possano sostituire le metodologie di screening attuali - afferma Holger Volk dell'Università di medicina veterinaria di Hannover in Germania durante il workshop online International K9 Team, che vede esperti internazionali condividere i risultati preliminari degli esperimenti allo scopo di integrare e coordinare gli studi - ma il loro ruolo potrebbe essere significativo in luoghi trafficati che necessitano indagini rapide e massive, come gli aeroporti, gli stadi o i grandi eventi".
L'esperto sottolinea che i costi di un approccio canino sarebbero nettamente inferiori rispetto a quelli dei test convenzionali, ma alcuni si chiedono se il processo possa essere implementato tanto da consentire agli animali di avere un ruolo significativo. Il team di Volk sta conducendo uno sforzo per addestrare e studiare i cani e le loro capacità di riconoscere Covid-19. Per le sue ricerche, lo scienziato ha addestrato otto cani con campioni prelevati da bocca e trachea di sette persone ricoverate in ospedale per Covid-19 e sette persone sane.
Secondo i risultati del lavoro, i cani hanno identificato l'83 per cento dei casi positivi e il 96 per cento di quelli negativi, anche se alcuni scienziati hanno evidenziato il troppo esiguo numero di partecipanti. "I nasi dei cani - spiega - hanno 300 milioni di recettori degli odori, contro i cinque-sei milioni di cui dispongono gli esseri umani. Questi animali sono già presenti in aeroporto, dove si sono dimostrati in grado di rilevare armi da fuoco, esplosivi e sostanze stupefacenti".
Pur non avendone certezza, i ricercatori ipotizzano che i cani siano in grado di rilevare l'odore di composti organici volatili (COV). Stando ai dati riportati durante l'incontro K9, i cani negli aeroporti di Finlandia e Libano sono stati in grado di rilevare Covid-19 nei campioni di sudore di passeggeri giorni prima che i test convenzionali risultassero positivi. Uno studio non ancora pubblicato condotto dagli esperti dell'Università Saint Joseph di Beirut si concentra sull'addestramento di 18 cani, che hanno sottoposto a screening 1.680 passeggeri, individuando 158 casi poi confermati dalle analisi PCR.
"I nostri amici a quattro zampe - commenta Riad Sarkis, chirurgo e ricercatore presso l'Università Saint Joseph di Beirut - hanno identificato correttamente i risultati negativi con un'accuratezza del 100 per cento e rintracciato correttamente il 92 per cento dei casi positivi. Affidarsi all'accurato olfatto canino potrebbe rappresentare una strategia di approccio accurata, fattibile, economica e riproducibile". "I cani - sostiene Cynthia Otto, dell'Università della Pennsylvania - potrebbero imparare a identificare l'odore dei campioni piuttosto che quello della malattia".
La scienziata sta guidando una ricerca, non ancora pubblicata, volta a valutare la capacità dei cani di distinguere tra campioni di urina o sudore di pazienti Covid-19 e persone sane. Il suo team sta raccogliendo campioni di sudore da mille magliette indossate durante la notte da soggetti positivi e negativi al coronavirus. "I cani sono in grado di rilevare odori che noi non possiamo neanche immaginare - osserva - dobbiamo approfondire gli studi per comprendere questi aspetti".
Un gruppo di ricerca in Francia, presso la Scuola nazionale di veterinaria di Alfort, vicino a Parigi, ha condotto uno studio, pubblicato sul server di prestampa BioRxiv, nell'ambito del quale 8 cani sono stati addestrati con 198 campioni di sudore, metà dei quali appartenenti a pazienti Covid-19.
"Gli animali hanno identificato i positivi con una precisione dell'83-100 per cento - riporta Dominique Grandjean della Scuola nazionale di veterinaria di Alfort - e credo che questi siano risultati significativi, ma è difficile pubblicare articoli sulla capacità di rilevamento dei cani, perché la maggior parte dei revisori non ha modo di approfondire le ricerche". "I dati sembrano promettenti - rileva Fyodor Urnov, dell'Università della California a Berkeley - ma sarà opportuno lavorare con set di dati piu' ampi e valutare anche la capacità dei singoli cani, che reagiscono in modo diverso".