AGI – Nata grazie all’articolo 32 della legge 2019 del 1981 sulla ricostruzione post sismica, l’area industriale di Nusco-Lioni-Sant’Angelo dei Lombardi cominciò a essere operativa a metà degli anni 80. Aveva lo scopo preciso di ristorare i comuni colpiti così gravemente dal terremoto del 23 novembre 1980 e doveva contribuire, assieme alle altre 7 zone industriali programmate per l’area del cratere, a evitare un’emigrazione di massa, come già accaduto in passato.
Secondo quanto previsto dalla legge 219, che fu presentata dal senatore Dc di Bisaccia, uno dei comuni rasi al suolo, Salverino De Vito, poi diventato ministro del Mezzogiorno, l’area di Nusco a pieno regime avrebbe dovuto occupare 1250 persone.
Attualmente, secondo dati raccolti prima dell’esplosione della pandemia, gli occupati nelle aziende sono poco meno di 750, un dato da rivedere sicuramente al ribasso nel 2020. Ma accanto a capannoni in disarmo, frequentati più da ladri di rame che da imprenditori intenzionati a rilevare attività per rilanciarle, ci sono aziende che, pur soffrendo difficoltà infrastrutturali ataviche, hanno mantenuto i livelli occupazionali e in qualche caso ampliato le attività, puntando su produzioni innovative ad alto contenuto tecnologico.
Desmon, che produrrà i super congelatori per la conservazione dei vaccini anti Sars-Cov-2, è uno degli esempi. L’area dista 40 chilometri dal casello autostradale di Avellino e 35 da quello di Vallata. I collegamenti sono garantiti dalla Statale 7 Bis Ofantina, che è stata completata soltanto alla fine degli anni '90.
La superficie complessiva è di poco più di un chilometro quadrato, suddiviso in venti lotti edificati. Una delle prime aziende, già dal 1989, sorte nell’area e che ha resistito alle crisi che si sono succedute, è la Smada Elettromeccanica srl. Occupa una trentina di addetti per la verniciatura industriale. Una delle più 'giovani' è la Ocevi Sud Costruction Machinery, che risale al 2010 e impiega 100 addetti per la realizzazione di componentistica per macchine industriali e movimento terra. L’ultima arrivata è di appena un mese fa. Ha avviato infatti la produzione il 1 ottobre scorso la Newco Sai, una joint venture tra Gruppioni, Schlote, Sira industrie per produrre componentistica per l’automotive.
Gruppioni era già presente con Sirpress , che dal 2012 ha rilevato la Almec, azienda in crisi profonda, e ha rilanciato la produzione nel settore automotive, contando su oltre un centinaio di tute blu. Resiste dal 1991 e occupa una settantina di addetti anche SAM Salumificio Meridionale spa. Altra azienda di rilievo è la Dielve, dal dicembre 2006 fu confluita nella Seves. Che conta circa 150 dipendenti e produce isolatori in vetro per linee elettriche.
L’agroalimentare conta su un brand come Vicenzi spa, che fu tra le prime aziende ad arrivare a Nusco. Oggi occupa una sessantina di addetti. Nell’area industriale di Nusco, tra i tanti capannoni con i cartelli “Vendesi” o “Fittasi”, finiti anche nelle aste immobiliari, ce ne sono almeno due, rimasti il simbolo di un progetto di industrializzazione rimasto incompleto. Lo scheletro delle Amiderie Italiane, del gruppo Italgrani, si vede a chilometri di distanza, non è mai entrato in attività piena e nel 2007 fu addirittura indicato come sito di stoccaggio per i rifiuti, durante la grave emergenza in Campania. Non se ne fece nulla e il lotto oggi è classificato come “Libero edificati”.
L’altro è il capannone che oggi è utilizzato da Condor per la produzione di casseforme. In origine fu assegnato a Iato, un’azienda che negli anni '80 avrebbe dovuto produrre un fuoristrada, ma che in realtà sfornò appena una decina di auto, per poi fallire e finire soltanto nelle cronache giudiziarie, non solo per un fallimento molto complesso, ma anche per lo stoccaggio di rifiuti tossici e metalli pesanti provenienti dal Nord Italia, interrati nell’area e scoperti nel 1999 da un’inchiesta giudiziaria.