Non è solo una questione legata ai nuovi casi, ma è determinante anche capire quanto il virus corre veloce sul territorio e la capacità dei singoli territori di riuscire a far fronte, compresa la capacità di raccogliere dati.
Il sistema che è stato messo in piedi per monitorare l’evoluzione della pandemia in Italia mette insieme tra loro i dati epidemiologici del virus (il numero dei casi, l’indice Rt che mostra la capacità di un infetto di infettare altre persone, e il numero dei ricoveri, inclusi quelli in terapia intensiva) con i dati riferiti alle strutture sanitarie, al tasso di saturazione dei servizi sanitari su quello specifico territorio (per esempio il livello di saturazione dei reparti di terapia intensiva) e con quelli che servono a valutare la capacità da parte delle strutture sul territorio (le regioni) di raccogliere e acquisire informazioni sull’evoluzione della pandemia. Il tutto confluisce in una dashboard in cui tutti questi dati sono combinati per valutare un livello di rischio per ciascuna regione.
La valutazione è effettuata da una Cabina di Regia a cui partecipa oltre al dipartimento della prevenzione del Ministero della Salute (Gianni Rezza è il direttore generale di questo dipartimento), l’Istituto Superiore di Sanità (Presidente Silvio Brusaferro) e i membri designati dalla Conferenza delle Regioni (in questo caso Lombardia, Campania e Umbria).
L’attività di raccolta dei dati è attiva sin dallo scorso mese di maggio. Nel corso della conferenza stampa il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro ha mostrato una vera e propria timeline dove sono raccolte, settimana dopo settimana le valutazioni di rischio delle singole regioni a partire dal 4 maggio e fino al 25 ottobre.
Nella timeline è evidenziato chiaramente che i primi segnali di una ripresa della circolazione del virus sono stati individuati già nel periodo tra il 6 e il 19 luglio quando si è registrato un aumento dei casi a livello nazionale tale da indicare l’inizio di un passaggio di fase che si è poi concretizzato tra il 28 settembre e il 4 ottobre, una decina di giorni prima che aprissero le scuole.
È nella settimana che va dal 12 al 18 ottobre che la situazione, sotto il profilo epidemiologico e di rischio ha però subito una vera e propria accelerazione fino ad arrivare ai dati di questa sera. Cardine del sistema di sorveglianza è il calcolo del fattore Rt quello che serve a indicare la velocità di trasmissione del virus.
Si tratta di un indice che misura la capacità di un soggetto infetto di infettare altre persone. Se è inferiore a uno significa che l’epidemia è in regressione, se invece è superiore a 1, il virus si diffonde con velocità crescente. Nel caso specifico, il sistema individuato dal Ministero della Salute prevede quattro differenti scenari. Lo scenario uno, quello cioè definito da una situazione di trasmissione localizzata (focolai) in cui l’Rt regionale è sopra il livello di soglia per un periodo inferiore a un mese.
Lo scenario numero due è invece quello in cui c’è una situazione di trasmissione sostenuta e diffusa ma gestibile dal sistema sanitario territoriale con livelli di Rt compresi tra 1 e 1.25. Lo scenario 4 è invece quello in cui c’è una situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa con rischi di tenuta per il sistema sanitario caratterizzata da indici Rt compresi tra 1,25 e 1,50 e infine lo scenario 4 con criticità per il sistema sanitario e con indici Rt sistematicamente superiori a 1,5.
Attualmente, il nostro Paese si trova nello scenario 3 con una situazione di trasmissione alta con un'alta probabilità di peggioramento e con “molteplici allerta di resilienza” che mostrano che il sistema sanitario sta per andare in sofferenza. In questo contesto, il sistema prevede che vengano prese in esame misure restrittive che puntino a mitigare la diffusione del virus anche attraverso misure restrittive a livello provinciale. All’interno di questo scenario sono previste anche delle restrizioni locali temporanee per almeno 3 settimane, (zone rosse a livello di singolo comune o di singolo impianto produttivo, o quartiere).
A giovedì 5 novembre, 11 Regioni e Province Autonome sono classificate a rischio elevato di una trasmissione non controllata di SARS-CoV-2. Di queste, 5 sono considerate a rischio alto a titolo precauzionale in quanto non valutabili in modo attendibile perché la completezza del dato di sorveglianza è insufficiente al momento della valutazione: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Val d’Aosta, Veneto. Altre 8 Regioni/PA sono classificate a rischio moderato con una probabilità elevata di progredire a rischio alto nel prossimo mese: Campania, Emilia-Romagna, FVG, Lazio, Molise, P.A. Bolzano, P.A. Trento, Umbria. Tutte le Regioni, tranne il Molise, hanno riportato criticità di resilienza.