AGI - Spero che sia il Papa a non farsi manovrare: Angelo Becciu si fa forte della telefonata ricevuta stamane dal cardinale Pietro Parolin (non scende nei particolari della conversazione) e ribadisce la sua lealta'. Però, in una conferenza stampa, lascia intendere di avere tutta l'intenzione di difendersi.
Ieri, a botta calda, si era trincerato dietro uno sgomento silenzio. Oggi il cardinal Angelo Becciu, indotto da Papa Francesco a rinunciare alle prerogative della porpora, affida a un'intervista la sua replica. Una linea sintetizzabile con un "non ci sono reati, tutto è stato rendicontato": Quindi la decisione del Pontefice non è comprensibile. E, attenzione, avverte: fino a ieri mi sentivo amico di Bergoglio.
"Sono sicuro che la verità verrà fuori"
Al Papa, riferisce lui stesso, Becciu avrebbe chiesto il perché di una decisione così dirompente."Lui mi ha detto che avrei dato soldi ai miei fratelli, ma io non vedo reati, sono sicuro che la verità verrà fuori".
"Mi sembra strano essere accusato di questo", prosegue. "Quei 100 mila euro, è vero, li ho destinati alla Caritas. È nella discrezione del Sostituto destinare delle somme che sono in un fondo particolare destinato alla Caritas, a sostenere varie opere. In 7-8 anni non avevo mai fatto un'opera di sostegno per la Sardegna. So che nella mia diocesi c'è un'emergenza soprattutto per la disoccupazione, ho voluto destinare quei 100mila euro alla Caritas", "quei soldi sono ancora lì, non so perché sono accusato di peculato".
Questa la linea difensiva: nessunopeculato, "non sfido il papa ma ho diritto alla mia innocenza", centomila euro dell'obolo di San Pietro sono stati alla Caritas e "non ho commesso reati, sono pronto a chiarire con i magistrati e non temo l'arresto".
La famiglia all'attacco: notizie false
Soprattutto, il porporato si sofferma sul colloquio di ieri con Bergoglio "È durato 20 minuti", racconta ai giornalisti. "Il Papa era turbato, molto turbato". Perché quanto sta accadendo è "un fatto mondiale".
All'attacco anche la famiglia del cardinale. Notizie "destituite di fondamento e malevolmente false", in particolare per "i riferimenti, fantasiosi e indimostrabili, a presunte erogazioni provenienti dall'Obolo di San Pietro e dirette a membri della famiglia del cardinale, ovvero a enti privati riconducibili a taluni di essi".
Lo scrive in una nota l'avvocato Ivano Lai, legale della famiglia Becciu, con riferimento alle pubblicazioni apparse, tra ieri e oggi, sul settimanale 'L'Espresso' e sul quotidiano 'La Repubblica' in merito alle dimissioni del cardinale Angelo Becciu.
"Nessuna somma risulta, infatti, essere mai stata erogata dall'Obolo di San Pietro, né alcun intervento non giustificato per opere diverse da quelle caritatevoli o di solidarietà è mai pervenuto alla Diocesi di Ozieri, alla Caritas diocesana e, suo tramite, alla Cooperativa Spes, onlus fiduciaria del Vescovo per le attività di natura solidale e di reinserimento lavorativo e sociale", afferma l'avvocato Lai nella sua nota,
definendo "false, e perciò calunniose, offensive e denigratorie, alcune affermazioni, comuni alle pubblicazioni de 'L'Espresso' e 'La Repubblica', su presunti e indebiti favori a persone vicine al cardinale, essendo stato dato risalto non a fatti e circostanze, ma a qualità e rapporti familiari che, nell'insieme di una lettura distorta e orientata, confondono e inducono l'errato convincimento di condotte illegittime".
"Mi sentivo amico del Papa"
Certo, precisa Becciu, che ha iniziato a parlare fin dalla mattina con una intervista al "Domani": "Rinnovo la mia fiducia al Santo Padre". Ma prosegue: "Ieri fino alle 6.02 mi sentivo amico del Papa, fedele esecutore del Papa. Poi il Papa dice che non ha più fiducia in me perche' gli e' venuta la segnalazione dei magistrati che io avrei commesso atti di peculato".
Quanto all'altro fratello, che avrebbe avuto delle commesse nei paesi in cui il cardinale ha prestato servizio presso la locale nunziatura, "vero il nunzio in Egitto conosceva mio fratello, e così lui ha fatto lavori per circa 140 mila euro per cambiare gli infissi della sede, ma anche qui francamente non vedo il reato".
Vede invece la riapertura del Caso Orlandi la famiglia di Emanuela, la ragazza romana ma cittadina vaticana scomparsa nel nulla 37 anni fa e rimasta al centro di un caso che ha visto, nel tempo, tirare in ballo il Vaticano, i servizi segreti e l'attentatore del Papa Ali Agca. Becciu infatti, quando lavorava alla segreteria di Stato d'Oltretevere, si era occupato della vicenda, definendola un caso chiuso. Oggi la famiglia della scomparsa ribatte: nessun caso chiuso, è ora della verità.