AGI - L’imprenditore angosciato dai debiti, il paziente con un disagio mentale che ‘esplode’ durante l’isolamento, il paziente Covid positivo che teme di morire o di contagiare i suoi cari e decide di farla finita, come l’infermiera che lavora nei reparti di terapia intensiva. Le cronache dei mesi di pandemia raccontano tante storie di sofferenza e gli psichiatri lanciano l’allarme: da marzo a oggi in Italia si sono registrati 71 suicidi e 46 tentativi di suicidio che si ritiene siano connessi in maniera diretta o indiretta al coronavirus.
Oltre alle conseguenze della crisi finanziaria pesano anche l’isolamento sociale, ben diverso dal distanziamento fisico necessario per il contenimento del contagio, lo stigma nei confronti di chi ha superato la malattia e dei loro cari o familiari, il peggioramento di un disagio psichico già presente ed esasperato dalle difficoltà emerse con la pandemia. Lo sottolineano gli esperti durante il Convegno Internazionale di Suicidologia e Salute Pubblica, organizzato da Sapienza Università di Roma e promosso con il sostegno non condizionato della Fondazione Internazionale Menarini, in versione digitale online dal 7 al 12 settembre, in occasione della Giornata Mondiale per la prevenzione del suicidio del 10 settembre.
Gli psichiatri stimano un incremento del rischio di suicidi e per prevenirli, oltre a saperne riconoscere i segnali d’allarme, è necessario anche l’impegno dei media: una review di oltre 100 studi scientifici dimostra che parlare dei casi di suicidio in maniera corretta non solo non induce all’emulazione, ma può addirittura ridurre il numero delle vittime. Nonostante la difficoltà di quantificare in maniera precisa gesti che talvolta restano misconosciuti, nella solitudine e nel dramma delle famiglie, le cronache degli ultimi mesi raccontano molti casi di suicidio più o meno direttamente correlati a Covid-19, come recentemente il ristoratore fiorentino 44enne che si è tolto la vita per l’incertezza del futuro o Viviana, la mamma del piccolo Gioele, che secondo quanto appurato dagli inquirenti soffriva di una fragilità psichica che potrebbe essersi esacerbata durante la pandemia.
“Il numero rilevante di casi di suicidio riferiti dai mass media, pur non essendo una rilevazione statistica accurata, indica che nei prossimi mesi il suicidio potrebbe diventare una preoccupazione più urgente, sebbene ciò non sia inevitabile – spiega Maurizio Pompili, Presidente del Convegno e Professore Ordinario di Psichiatria alla Sapienza Università di Roma – Del resto, è noto che in seguito a crisi imponenti o emergenze diffuse, il numero dei suicidi cresce: è già accaduto, ad esempio, durante la crisi economica del 2008 con un aumento in Italia del 12% dei suicidi maschi e rischia di accadere di nuovo per gli effetti della pandemia, secondo le nostre analisi potrebbe portare a un preoccupante incremento del numero di suicidi che nei soli Usa è stato stimato di 75.000 persone in più in dieci anni".
Le principali cause
E ancora: "Il fatto economico è certamente importante ma non è l’unico: pesano anche lo stigma, il senso di esclusione, il dolore sociale oltre quello fisico. Allora la progettazione di un gesto estremo si fa più concreta, ma la prevenzione è tuttavia possibile, non solo imparando a riconoscere i segnali d’allarme ma anche recuperando il significato di rete sociale, soprattutto in questo difficile periodo: l’isolamento è uno degli elementi che possono precipitare il disagio psichico, ma è ben diverso dal distanziamento fisico necessario a contenere il contagio. Si può essere distanti ma vicini, stando accanto agli altri pur nel rispetto delle disposizioni anti-Covid più rigide. Inoltre, i servizi socio-sanitari non possono interrompersi ed è fondamentale il ruolo della medicina di base e di chi si occupa di fare una diagnosi di Covid: le persone positive più a rischio, come quelle che seguono già trattamenti per disturbi mentali o chi si trova in precarie situazioni di vita, devono essere segnalate alla rete di assistenza psichiatrica per ricevere un’assistenza dedicata, a distanza”.
"Il Covid-19 ha infettato più di 26 milioni di persone in tutto il mondo e ha causato più di 870.000 vittime fino a oggi, colpendo vite e i mezzi di sussistenza delle persone. C'è preoccupazione sull'impatto della pandemia sulla salute mentale e sul rischio di suicidio", spiega David Gunnell, docente di Epidemiologia e di Scienze della Salute della Popolazione dell'Università di Bristol, tra i relatori del Convegno, che precisa come ci sarà "un quadro più chiaro nei prossimi mesi, a mano a mano che i risultati delle ricerche verranno pubblicati".
"L'impatto a lungo termine della pandemia sull'economia - aggiunge Gunnell - e il ben noto aumento del rischio di suicidio durante la recessione economica è motivo di turbamento". Nella prevenzione del suicidio anche i media hanno un ruolo molto importante: parlarne in maniera corretta può infatti ridurre il numero delle vittime.
“Occorre superare lo stigma e riferire i casi usando le parole giuste: va evitato l’effetto Werther, legato all’emulazione di un suicidio dopo averne vista la notizia tra i media, perché il 'contagio' tra i suicidi è stato riscontrato soprattutto tra i giovani, ma non è tacendo che ci si riesce - riprende Pompili - È perciò fondamentale parlarne, per esempio senza enfatizzare o descrivere in maniera esplicita le modalità con cui è avvenuto e i luoghi che ne sono stati il teatro, senza usare titoli o immagini drammatiche, senza utilizzare termini forti ma attenendosi soprattutto ai fatti, riferendo la notizia tenendo a mente che a leggerla sarà un familiare stretto".
"È molto importante raccontare i fatti con l’attenzione che meritano, ma utilizzandoli come occasione per dare informazioni su come funziona la rete di assistenza e per interpellare specialisti che possano spiegare le dinamiche che portano a un suicidio e quindi indicare a chi si trova in difficoltà come chiedere aiuto. In questo modo il racconto di un fatto di cronaca drammatico può diventare il mezzo per fare davvero prevenzione: è necessario oggi e lo sarà sempre di più nei prossimi mesi, che saranno particolarmente delicati per gli effetti del Covid-19 sulla salute mentale”.
Ma quali sono i campanelli d'allarme?
"Più segni una persona mostra - spiegano gli esperti - maggiore è il rischio. I segnali di pericolo sono associati al suicidio, ma potrebbero non essere ciò che causa un suicidio". Parlare di voler morire, essere alla ricerca di un modo per uccidersi, parlare di sentirsi senza speranza o di non avere uno scopo, parlare di sentirsi intrappolati o di provare un dolore insopportabile, parlare di essere un peso per gli altri, aumentare l'uso di alcol o droghe, agire in modo ansioso, agitato o sconsiderato, dormire troppo poco o troppo, ritirarsi o sentirsi isolati, mostrare rabbia o parlare di cercare vendetta, mostrare estremi sbalzi d'umore. "Se qualcuno che conosci mostra segni premonitori di suicidio, non lasciarlo solo, rimuovi ciò che potrebbe essere utilizzato per il gesto e chiedi aiuto a un medico o a un professionista della salute mentale".