AGI – L’enciclica sulla pandemia viene pubblicata con modalità che la dicono lunga su come la pandemia non sia per nulla finita. Papa Francesco sarà ad Assisi il 3 ottobre; da lì firmerà la sua terza lettera circolare ai cristiani e agli abitanti del Pianeta tutti, perché questa volta immaginare che si rivolga solo ai primi sarebbe davvero un eccesso di understatement.
Bergoglio, in questi lunghi mesi, ha parlato all’uomo di ogni latitudine, perché ad ogni latitudine il morbo ha colpito. Non può che proseguire su questa strada: “Fratelli tutti” saranno le prime parole del documento. Tutti insieme: bisogna essere pronti al dopo anche se, per l’appunto, il dopo non è ancora iniziato, o sta solo muovendo i primi passi.
Lo si evince dai fatti: l’enciclica non è stata annunciata dal Vaticano, ma da chi ospiterà l’evento, i frati del Sacro Convento. Dalla Sala Stampa vaticana si è subito precisato quanto segue: il Pontefice non desidera assembramenti di fedeli, proprio a causa della situazione sanitaria, ergo si tratterà di visita in forma privata.
Fedeli e pellegrini, state a casa
Ecco il motivo per cui tutto avrà luogo il 3 d’ottobre e non il giorno successivo, quando cioè il calendario impone di festeggi il Santo di cui Bergoglio ha scelto di portare il nome. Presentarsi nella Basilica superiore il 4 avrebbe significato aggiungere confusione alla confusione, assembramento all’assembramento. Gli ammalati sono già molti, non creiamo occasioni prossime per il contagio.
Quindi solo telecamere, una messa sulla tomba del Santo e la firma sotto gli sguardi compartecipi dei frati. Somiglierà, per intenderci, alla cerimonia quasi intima con cui il Papa ha pubblicato lo scorso dicembre le sue delicate riflessioni sul presepe. Anche allora un luogo francescano: Greccio.
Chissà tra un mese che dirà, ma c’è da scommettere che le riflessioni saranno non poco urticanti per molte orecchie aduse semmai al complimento.
Intendiamoci: nessun dito puntato, nessuna scomunica, men che meno condanne ad personam. Sarebbe il contrario del metodo bergogliano, fatto di inculturazione e passeggiate paoline per le strade di Atene. Ma l’annuncio è annuncio, e sugli errori dell’uomo che hanno portato a questo flagello globalizzato non si può tacere.
Del resto, il Papa ha già cominciato a spiegarsi.
Messaggio al Gotha
Giusto l'altra mattina, di buon’ora, Bergoglio ha mandato un messaggio ai partecipanti del Forum Ambrosetti, in quel di Cernobbio sul Lago Maggiore. Presente il Gotha dei Gotha della finanza internazionale e della politica (anche quella locale). Vale allora la pena rileggere quelle righe, magari una volta sfrondatele dei saluti e dei convenevoli.
Ecco, quindi, in sintesi il pensiero di Francesco su quel che è stato il mondo prima, che è adesso, e che dovrà essere domani. Il rischio che si corre, a non stare a sentire, è davvero grosso.
Premessa: non si creda che il morbo sia stato sconfitto; sconfitta semmai è quella sicumera che lascia pensare agli uomini di essere in grado di dominare il mondo con il pensiero e con la mano. Chi ha rovesciato il destino sono stati semmai gli umili che si sono esposti al contagio per salvare l’altrui esistenza. Senza di loro utto sarebbe stato vano.
Questo pertanto spinge ad uscire dal paradigma tecnocratico”, un atteggiamento “improntato alla logica del dominio sulle cose, nel falso presupposto che esiste una quantità illimitata di energia e di mezzi utilizzabili, che la loro immediata rigenerazione è possibile e che gli effetti negativi delle manipolazioni della natura possono essere facilmente assorbiti".
Homo tecnocraticus, rischi il diluvio. Ci vuole, se vuoi evitarlo, “un cambiamento di mentalità che allarghi lo sguardo e orienti la tecnica, mettendola al servizio di un altro tipo di modello di sviluppo, più sano, più umano, più sociale e più integrale".
Insomma, vecchio materialista, capisci una volta per tutte che l’economia deve essere qualcosa che “non esclude ma include, non mortifica ma vivifica, non sacrifica la dignità dell’uomo agli idoli della finanza, non genera violenza e disuguaglianza, non usa il denaro per dominare ma per servire. L’autentico profitto, infatti, consiste in una ricchezza a cui tutti possano accedere".
Una nuova generazione di economisti
Quella che si invoca, o meglio si indica come unica via d’uscita possibile, è una “riconversione ecologica della nostra economia, senza cedere all’accelerazione del tempo, dei processi umani e tecnologici, ma tornando a relazioni vissute e non consumate".
Qui, nella coda del messaggio al Forum Ambrosetti, forse c’è un tantino di veleno, perché il Pontefice conclude: "Per questa conversione e questa creatività è indispensabile formare e sostenere le nuove generazioni di economisti e imprenditori".
Ed aggiunge, con il tono di chi comunica una sostituzione causa downsizing aziendale: "Per questo li ho invitati, dal 19 al 21 novembre prossimo, nella Assisi del giovane Francesco che, spogliatosi di tutto per scegliere Dio come stella polare della sua vita, si è fatto povero con i poveri e fratello universale. Dalla sua scelta di povertà scaturì anche una visione dell’economia che resta attualissima".
Si noti: "visione economica attualissima". Si noti: Assisi. Lo stesso luogo dove verrà pubblicata l’enciclica. Un convegno di dimensioni quasi bibliche, con centinaia di invitati e decine di dibattiti. Doveva svolgersi lo scorso maggio, ma proprio il coronavirus impose il rinvio. Oggi Francesco in qualche modo ne anticipa le conclusioni, mandando a dire al Vecchio Regime dell’economia che non è più tempo di adoratori del profitto e della finanza. È tempo di economia reale, concreta, che si fondi sulla persona umana.
Le anticipa, Francesco, perché da qua a novembre il cammino è lungo, e chissà che potrà succedere. Intanto il 3 ottobre niente assembramenti di fedeli. La pandemia può ancora colpire duramente.