AGI - Diserzioni in aula e terrore di 'perdere i pezzi in vista delle Regionali': acque agitate nel Movimento 5 stelle poco prima degli Stati Generali, che decideranno i nuovi vertici del partito. L'ombra della scissione e la tempesta, che è dietro l’angolo, il lavorio sotto traccia si concentra sull'evitare che dopo le Regionali il Movimento venga travolto.
La prima fonte di preoccupazione pentastellata è quello che è avvenuto in Aula ieri: in ventotto non hanno partecipato al voto sul dl Covid, dopo la polemica per la decisione del Governo di porre la fiducia e di affossare tutti gli emendamenti, compreso quello soppressivo sulla proroga dei vertici dei Servizi. Tra questi anche alcuni firmatari di quell’emendamento (non la Dieni).
Diserzione "fisiologica"
La diserzione è stata definita "fisiologica" dai vertici del Gruppo della Camera: "Sono solo 7 gli assenti ingiustificati al voto di fiducia sul dl Covid, in gruppo di quasi 200 deputati”, si sono affrettati a precisare. Il messaggio univoco è che la mossa non ha rappresentato un segnale contro il premier Conte e anche lo stesso Palazzo Chigi smentisce i sospetti su Di Maio, quale manovratore dell'operazione. L'ex capo politico M5s già 24 ore fa se ha smentito un suo coinvolgimento e a mediare è stato chiamato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, nel tentativo di nascondere le fibrillazioni interne al Movimento.
Allarme tra i 'fedelissimi a Conte'
Intanto tra i ‘governisti’ è scattato un altro allarme: il disimpegno sul taglio dei parlamentari. “Qui si pensa di fare campagna elettorale con un post su Facebook invece di stare tra la gente”, si lamenta un ‘big’. I gazebo e i banchetti organizzati per il 12 settembre sono stati una risposta a quanti – spiega un deputato favorevole alla riforma – chiedono un maggior contributo sulla battaglia considerata campale dai fautori del Sì"’.
Preoccupano le Regionali
Ma al di là delle tensioni in M5s lo sguardo è rivolto a quanto accadrà alle regionali. “Avremmo dovuto coordinare meglio le elezioni”. Sotto traccia si continua a percorrere la strada della struttura-partito, con l’introduzione della figura del segretario comunale, provinciale e regionale perché – spiega un esponente di governo pentastellato – solo così si dà voce ai territori. La spinta per ora, in realtà, arriva soprattutto da un nutrito fronte parlamentare (una sessantina alla Camera e un gruppo meno numeroso al Senato) e prevede per che ogni progetto sia sotto l’egida del Movimento 5 stelle. Ci ha messo la faccia l’associazione ‘Parole guerriere’ che sta lavorando ad un vero e proprio statuto ma che rischia di diventare il ‘contraltare’ dell’associazione Casaleggio.
Patto col Pd in vista
Gli interrogativi riguardano anche il futuro del Movimento. L’ala governista sta già lavorando ad un piano per il post-urne. E in particolare un patto con il Pd: “Ci rilanciamo o affondiamo insieme”, spiega una fonte pentastellata. E soprattutto “una riorganizzazione interna che superi l’attuale immobilismo”, aggiunge la stessa fonte. Perché la vittoria del sì al taglio dei parlamentari verrebbe considerata come un traguardo importante, ma non sufficiente per una base di rilancio che deve passare attraverso l’organizzazione.
Al di là delle richieste già formalizzate – criteri democratici, la piattaforma web e il simbolo al Movimento e anche una nuova sede – la ‘querelle’ è sempre sulla convocazione degli Stati generali. M5s è ad un bivio: c’è la strada della segreteria allargata e i vertici M5s potrebbero aprire su questa ipotesi; quella di un capo politico (tra i nomi c’è sempre quello di Di Maio) coordinato da una squadra che comprenda anche facce nuove, espressione dei territori e di una classe dirigente da formare e non solo i ‘big’; e infine l'ipotesi di un ticket, con Di Battista in gioco. Il capo politico Crimi (ieri nel mirino di diversi parlamentari perché avrebbe dato garanzie sulla proroga dei servizi senza avviare le necessarie consultazioni) ha annunciato che verrà nominato un gruppo che definisca il percorso a tappe dell’iniziativa, ma si è aperto il gioco dei veti incrociati tra le varie anime e il timore di un fronte parlamentare ampio è che sia Casaleggio a voler mettere il cappello sulla kermesse, con l’obiettivo di aprire la strada alla leadership di Di Battista.
Pericoloso scissione
“Se impongono degli strappi allora ci sarà una scissione”, dice un ‘big’ del Movimento. Ma a proposito di ‘big’ la scossa per far uscire allo scoperto i pesi massimi M5s potrebbe arrivare proprio dalla base dei deputati e senatori.
“Hanno paura – si sfoga un deputato - a fare qualsiasi passo, per tenersi la poltrona. Ma così diventano ‘small’ e il Movimento muore”. In realtà Di Maio, favorevole ad una ‘governance’ condivisa, si sta muovendo eccome, soprattutto sul referendum.
Il suo invito poi a stringere con i dem alleanze per le prossime amministrative (da Torino a Milano, da Bologna a Roma) va nella direzione di un partito che a differenza delle altre tornate arrivi ‘preparato’ all’appuntamento del 2021. E anche la senatrice Paola Taverna è per la gestione collegiale M5s.
Ci sono i miliardi del ‘Recovery fund’ da gestire e nuovi temi da ‘costruire’. Con l’ombra della scissione, considerato che per ora non c’è una condivisione interna sul percorso per il dopo 21 settembre. Tuttavia si avverte - è il 'refrain' di molti parlamentari - un clima di scoramento (oggi a lasciare il gruppo è stata la deputata Aiello, in tre o quattro invece starebbero meditando l’addio al Senato) che potrebbe avere conseguenze sul Governo. Da qui la preoccupazione del premier Conte e di quei ‘governisti’ che chiedono un maggior impegno sul taglio dei parlamentari e temono alle Regionali la Caporetto di un Movimento “che – spiega un deputato che ieri ha assistito ad una riunione-sfogatoio alla Camera – rischia sempre più di essere senza una vera leadership”.