AGI - Leggendari e amatissimi, 'I pini di Roma' hanno dato il titolo al poema sinfonico di Ottorino Respighi nel 1924 e ad una delle strofe più cantate dai maturandi italiani in Notte prima degli esami di Antonello Venditti del 1984: oltre a segnare il paesaggio della Capitale rappresentano un ricordo della dolce vita. Che rischia di perire: le circa 50mila piante di pino domestico (delle 150mila totali) che adornano i viali romani corrono infatti il serio pericolo di non superare il prossimo anno, infestati come sono dalla 'cocciniglia tartaruga' o 'toumeyella parvicornis'.
A parlare con l'AGI della situazione e a definirla drammatica è Pierfrancesco Malandrino, dottore forestale e arboricoltore, consulente in tema di verde e forestazione anche per Aeroporti di Roma e altri enti. I primi segnali dell'attacco da parte dell'insetto americano al verde romano si sono visti "3-4 anni fa, poi l'esplosione" e le previsioni non sono delle migliori: "Tra settembre e l'anno prossimo ci sarà una situazione gravissima, con piante secche, a cui resta un solo destino: essere abbattute, per non diventare pericolose" per la cittadinanza".
Effetto collaterale della globalizzazione
"La cocciniglia è un insetto proveniente dal Nord America, che ha colpito per prima la Campania, ed è poi arrivato a Roma cominciando a danneggiare le piante dei quartieri residenziali a sud, per poi giungere in centro", racconta ancora Malandrino.
Un altro probabile e sfortunato esito della globalizzazione: "Sono le importazioni di piante e legname ad averlo introdotto nel nostro ambiente. E non è un caso che sia entrato proprio da una città portuale come Napoli".
Il rischio adesso non è solo ambientale, ma anche per l'uomo, perché una pianta disseccata è più fragile nei confronti degli agenti atmosferici, come vento e pioggia.
Come accorgersi di un pino malato
"Il segno dell'infestazione è la produzione di melata - illustra ancora il professionista - ossia una sostanza zuccherina frutto degli escrementi degli insetti che succhiano i nutrienti alle foglie. La melata si deposita, e diventa terreno di coltura perfetto per un tipo di funghi, la fumaggine, che annerisce la parte inferiore della chioma e gli aghi. In questo modo le foglie non riescono più a fare la fotosintesi".
La guerra contro la cocciniglia è "difficile, soprattutto in città, perché non si possono spargere insetticidi a spruzzo tra le case", ma anche per una questione di organizzazione e tempestività: "Non si ha ancora un protocollo di intervento del servizio fitosanitario nazionale e a seguire regionale".
Servirebbe 'la guerra biologica'
Al momento "sono noti interventi di endoterapia con insetticidi, in iniziative private, e si ha notizia di sperimentazioni anche da parte del Comune, ma non si ha ancora l'ufficialità", constata Malandrino. Inoltre "non è stato trovato un insetto antagonista", come era avvenuto ad esempio per il cinipide del castagno. In quel caso il turimus ha spazzato via l'insetto che aveva decimato i marroneti italiani circa cinque anni fa: esempio di successo di una 'guerra biologica'.
La speranza è che con l'arrivo dell'autunno - ed è previsto - le autorità preposte si riuniscano per decidere il da farsi.
Ma il tempo stringe e gli appelli sono due. Il primo: "Non lasciare che le piante siano già a terra per prendere provvedimenti, come è avvenuto per il punteruolo delle palme". E il secondo: "Intensificare i controlli alle frontiere sulle importazioni: al momento siamo molto carenti".