AGI - La voce, il mezzo di comunicazione più antico, colonna sonora con la radio nella nostra vita quotidiana, sta allargando il proprio campo d’intervento grazie ai nuovi media digitali, al web, ai social network, al wi-fi, e a tecnologie come il podcast e lo smart speaker. A questo mercato in evoluzione è dedicato lo speciale Total Audio allegato al numero di agosto di Prima Comunicazione domani in edicola a Milano e giovedì a Roma, e poi nel resto d’Italia che racconta questo scenario partendo con le storie del presente e del futuro delle radio, dalle più importanti per target di ascolti, alle locali o di nicchia.
Nello speciale, ampio spazio è dedicato anche al fenomeno dei podcast, protagonisti di attività editoriali, di informazione e dello story telling delle aziende. E un occhio attento è puntato anche sul diffondersi degli smart speaker (delle loro applicazioni nel settore automotive e in cucina), e all’impatto dell’Audio su comunicazione e pubblicità. Total Audio racconta il rapporto speciale che unisce la radio al suo pubblico. Un legame che dall’emergenza Covid 19, che ha travolto tutti i media, esce rafforzato.
“La radio andava a gonfie vele. Per anni è stata l’unico mezzo, insieme al digitale, a crescere in ascolti e raccolta pubblicitaria”, dice Roberto Binaghi, ceo del centro media Mindshare. “Con il lockdown e il fermo della mobilità, è stata però messa a dura prova”. Eppure, è riuscita a trovare il modo per restare nelle orecchie e nel cuore degli italiani”. Lo hanno dimostrato ‘La radio per l’Italia’, ‘L’Italia chiamò’ e ‘I love my radio’: iniziative che hanno coinvolto milioni di ascoltatori chiusi in casa e nello stesso tempo hanno testimoniato una volontà di lavorare – e reagire – tutti insieme, al di là di rivalità e personalismi. Come è stato possibile lo spiega Linus: “Faccio la radio dal 1976, l’ho vista attraversare momenti di grande splendore e altri di grande incertezza. Questa è la prima volta però che fra tutti noi si respira un’atmosfera di così grande unità”. E lo ribadisce Mario Volanti, di Radio Italia, che ha definito ‘I love my radio’ “un passo avanti per il sistema ottenuto grazie alla capacità degli editori di fare ognuno un passo indietro”. Mentre per Virgilio Suraci questa è stata “la campagna più importante mai fatta dal settore per rimettere al centro il mezzo”.
Marco Rossignoli, presidente Ter e coordinatore Aeranti-Corallo, fa il punto: “Il periodo di lockdown ha insegnato modalità di fruizione della radio in occasioni prima inedite per buona parte dell’audience, con la riscoperta di strumenti tradizionali o con l’accesso alle nuove piattaforme digitali”. Ma – secondo Rossignoli – non si è trattato di un fenomeno passeggero, le nuove abitudini dovrebbero proseguire anche nella fase della ‘nuova normalità’. In più, “la sua capacità di mixare intrattenimento, informazione e socialità conferma che la radio è un mezzo unico e con potenzialità ancora da esplorare”.
Quanto ai numeri, Total Audio riporta i dati principali della Relazione annuale 2020 dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che mostrano come grazie al suo dinamismo, la radio cresce sia nella quota media di consumo degli italiani sia come ricavi, in controtendenza rispetto agli altri mezzi tradizionali. Dal 2015 al 2019 sono cresciuti infatti del 9,3% (del 2% solo l’anno scorso), passando da 619 a 676 milioni di euro. Una performance straordinaria, che ha portato le entrate pubblicitarie complessive a 526 milioni di euro. Senza dimenticare che al valore del mezzo vanno poi aggiunti gli introiti da canone per il servizio pubblico radiofonico, anch’essi in aumento nell’ultimo anno (+2,3%), per un totale di 106 milioni di euro.
Rai Radio con il 22% ha la maggiore quota di mercato, anche se il direttore Roberto Sergio è critico sulle metriche utilizzate da Ter per le rilevazioni di ascolto. Il gruppo Fininvest segue a quota 14%, poi Gedi con l’11%, e a seguire Rtl con 8%, Rds con l’8,2%, Gruppo 24 Ore 3,1% Radio Italia 3,1%. C’è poi il foltissimo gruppo di emittenti locali, superstation e syndacation, che messe insieme rappresentano circa un terzo del mercato 30,5%.
Per quanto riguarda gli ascolti se si considera la singola emittente, Rtl 102.5 con i suoi oltre 7 milioni di ascoltatori è prima, seguita da Rds e Deejay, entrambe sopra i 5 milioni.
Total Audio per la prima volta fa il punto sul mondo dei podcast definiti da Ipsos nello studio ‘Digital Audio Survey’, condotto in collaborazione con Audible (proprietà di Amazon) su un campione di italiani tra i 16 e i 60 anni, “contenuti audio inediti,disponibili via Internet, che possono essere sia ascoltati in streaming, sia archiviati e ascoltati in modalità offline”.
I podcast nell’ultimo anno e mezzo sono entrati a far parte della dieta mediatica di molti italiani grazie a una combinazione di fattori: la facilità di fruizione, il moltiplicarsi dell’offerta, la serialità – che favorisce il coinvolgimento del pubblico. Su questa base l’indagine calcola che gli ascoltatori mensili siano circa 7 milioni, il 26% della popolazione italiana nella fascia 16-60 anni, tendenzialmente giovani, istruiti e con professioni qualificate. Ma soprattutto, sono interessati a contenuti di qualità, o a seguire gli speaker/voci narranti, che giocano un ruolo cruciale specie tra i più giovani. Otto su dieci (soprattutto gli over 45) ascoltano i podcast a casa, ma molti lo fanno anche in auto o sui mezzi pubblici, e nell’83% dei casi mentre svolgono altre attività. Il 71% degli ascoltatori mostra un elevato interesse verso le serie, con un 64% di ricordo dei brand pubblicizzati: questo lo rende “un format dalle grandi potenzialità, che risponde alle esigenze di un target qualificato, selettivo e sempre più difficile da agganciare”, secondo le curatrici del rapporto Nora Schmitz e Claudia D’Ippolito.
Total Audio racconta i precursori del podcast in Italia come Pablo Trincia e Alessia Rafanelli con la serie ‘Veleno’, prodotta nel 2017 da Repubblica, ai tempi della direzione di Mario Calabresi che è stato il primo direttore in Italia, a La Stampa e poi a Repubblica, a dedicare tempo e risorse alla produzione di podcast giornalistici, esperienza che racconta nell’intervista su Total Audio insieme alla sua iniziativa con ‘La volpe scapigliata’ da poco pubblicato su spinta di Carlo Annese, il fondatore di Piano P, uno dei guru del settore in Italia.
I podcast nell’ultimo anno e mezzo sono entrati a far parte della dieta mediatica di molti italiani grazie a una combinazione di fattori: la facilità di fruizione, il moltiplicarsi dell’offerta, la serialità – che favorisce il coinvolgimento del pubblico. Su questa base l’indagine calcola che gli ascoltatori mensili siano circa 7 milioni, il 26% della popolazione italiana nella fascia 16-60 anni, tendenzialmente giovani, istruiti e con professioni qualificate. Ma soprattutto, sono interessati a contenuti di qualità, o a seguire gli speaker/voci narranti, che giocano un ruolo cruciale specie tra i più giovani. Otto su dieci (soprattutto gli over 45) ascoltano i podcast a casa, ma molti lo fanno anche in auto o sui mezzi pubblici, e nell’83% dei casi mentre svolgono altre attività. Il 71% degli ascoltatori mostra un elevato interesse verso le serie, con un 64% di ricordo dei brand pubblicizzati: questo lo rende “un format dalle grandi potenzialità, che risponde alle esigenze di un target qualificato, selettivo e sempre più difficile da agganciare”, secondo le curatrici del rapporto Nora Schmitz e Claudia D’Ippolito.
Total Audio racconta i precursori del podcast in Italia come Pablo Trincia e Alessia Rafanelli con la serie ‘Veleno’, prodotta nel 2017 da Repubblica, ai tempi della direzione di Mario Calabresi che è stato il primo direttore in Italia, a La Stampa e poi a Repubblica, a dedicare tempo e risorse alla produzione di podcast giornalistici, esperienza che racconta nell’intervista su Total Audio insieme alla sua iniziativa con ‘La volpe scapigliata’ da poco pubblicato su spinta di Carlo Annese, il fondatore di Piano P, uno dei guru del settore in Italia.