AGI - Si chiamano tecnicamente 'trasferimenti', ma di fatto rappresentano il punto a caratteri cubitali che l'Arma vuole mettere sulla cupa storia della caserma Levante per riappropriarsi del suo orgoglio. Il Comandante Generale ha disposto il trasferimento dei vertici locali, così a partire da oggi lasciano l'incarico il comandante provinciale Stefano Savo, quello del reparto operativo Marco Iannucci e la guida del nucleo investigativo, Giuseppe Pischedda.
I tre non sono indagati ma la decisione è stata presa, viene spiegato, “da un lato per garantire il sereno e regolare svolgimento delle attività di servizio, dall’altro per recuperare il rapporto di fiducia tra la cittadinanza e l’Arma”. In attesa che gli esperti del Ris cerchino nei prossimi giorni eventuali tracce biologiche lasciate anche dai presunti pestaggi, oggi sono cominciati i primi interrogatori.
Tutti e due i militari comparsi davanti al gip Luca Milani, che ha scritto l’ordinanza da cui emerge un contesto di botte, torture, edonismo spinto coi proventi di arresti illeciti, hanno voluto rispondere alle domande. Angelo Esposito ha pianto, tanto, esprimendo il suo disagio anche a parole: “Mi è caduto il mondo addosso”. “Il mio assistito – ha spiegato all’AGI il suo avvocato Pierpaolo Rivello – si è detto estraneo ai fatti contestati. Il suo è stato il pianto di una persona innocente che si è vista arrestare dall’oggi al domani. Non pensava ci fosse del marcio dentro la caserma, ha partecipato a perquisizioni e altre operazioni, convinto che tutto fosse legittimo”. L’appuntato ha assicurato di essere alieno “al mondo di violenza, soldi e illeciti” dei suoi colleghi.
Sulla stessa linea Daniele Spagnolo che in sostanza si è difeso dicendo che “facevo quello che mi dicevano di fare, senza sapere cosa c’era a monte”. Stando a quanto riferito dal suo avvocato Francesca Beoni, "ha dato la sua versione per ogni capo d’imputazione e indicato il ruolo che aveva e quello che aveva visto. Nessuna ammissione. Teniamo anche conto che era quello col grado più basso”. Con altri militari, è accusato anche di avere pestato un giovane nigeriano, “tanto da farlo crollare a terra e sanguinare”.
Oggi è stato sentito anche un presunto pusher di origine marocchina che ha risposto al giudice. Avrebbe fatto parte anche lui del meccanismo degli arresti ‘a scopo di lucro’ messo in piedi in particolare da Giuseppe Montella che i soldi ricavati li avrebbe celati in una cassaforte comune, oltre che spesi in auto, champagne ed escort. Domani toccherà anche a lui davanti al gip, tacere o parlare, difendersi o ammettere.