"Io mi assumo le mie responsabilità. Ma non posso assumermi quelle di tutti", dice Luca Palamara, che in un'intervista a 'Repubblica' contrattacca dopo la sua espulsione dall'Anm, di cui è stato presidente. Palamara chiama in causa i probiviri del sindacato delle toghe, e li accusa "di essere loro per primi i beneficiari del sistema di cui solo io oggi sono ritenuto colpevole. Penso ci avrebbero dovuto pensare prima di far parte di quel collegio", afferma l'ex consigliere del Csm, e ancora: "Trovo fisiologico che chi ha determinate cariche rappresentative nella magistratura interloquisca con la politica. Ma trovo meno condivisibile che ci siano procuratori della Repubblica che vadano a cena con i politici".
Palamara ammette: "So che devo rispondere dei miei comportamenti e di quello che è accaduto all'hotel Champagne. Ma, allo stesso tempo - è la sua tesi - non posso essere considerato solo io il responsabile di un sistema che ha fallito e che ha penalizzato coloro i quali non risultano iscritti alle correnti". Perché, ripete l'ex pm, "Palamara non si è svegliato una mattina e ha inventato il sistema delle correnti. Ma ha agito e ha operato facendo accordi per trovare un equilibrio e gestire il potere interno alla magistratura".
Per il segretario dell'Anm sono "tutte invenzioni"
"Nel disperato tentativo di difendersi attaccando, Palamara inventa una realtà che non corrisponde ai fatti". Lo dichiara con una nota il segretario dell'Anm Giuliano Caputo: "Apprendo dalla lettura dei giornali di oggi - scrive Caputo nella nota - che Luca Palamara mi ritiene inserito nel suo 'sistema' in considerazione della nomina a segretario generale dell'Anm, avvenuta all'unanimità e dopo un confronto aperto all'interno del gruppo di Unicost che mi ha visto prevalere su Enrico Infante che aveva riportato circa la metà dei miei voti alle elezioni per il rinnovo del comitato direttivo centrale del 2016".
"Mai ne avevo parlato con lui - afferma Caputo - e la pubblicazione integrale delle chat chiarirà forse anche le sue idee sulla mia nomina". Secondo il segretario del sindacato delle toghe, Palamara, "con un chiaro tentativo mistificatorio accosta le dinamiche associative alle prassi relative alle nomine per posti direttivi e semidirettivi ed al 'mercato delle nomine' di cui è stato assoluto (anche se non unico) protagonista negli ultimi anni: non ho mai parlato - sottolinea Caputo - né con lui né con altri di domande presentate da me o da altri magistrati, come emerge dalla chat oggi integralmente pubblicata da un quotidiano. Raramente mi sono confrontato con lui, come con altri ex esponenti apicali dell'Anm, su questioni dell'associazione. Era nota la sua aspirazione a diventare procuratore aggiunto a Roma, resa possibile dall'abrogazione di una norma, avvenuta con dinamiche ancora da chiarire, rispetto alla quale l'Anm ha assunto da subito una posizione di ferma condanna".
E ancora: "Ignoravo - continua il segretario Anm - assolutamente i suoi tentativi di condizionare la nomina del procuratore della Repubblica di Perugia che avrebbe dovuto gestire il procedimento a suo carico, che si confrontasse con un parlamentare imputato per la nomina del procuratore di Roma e che pensasse di screditare, per varie ragioni, altri colleghi, circostanze che hanno rappresentato le ragioni della sua espulsione dall'Anm".
E Albamonte lo querela
"Questa mattina ho ricevuto mandato dal dottor Eugenio Albamonte, pm a Roma e segretario di AreaDg, per proporre querela nei confronti del dottor Luca Palamara". Lo dichiara l'avvocato Paolo Galdieri in una nota.
Il legale rileva che Palamara, "in una serie di interviste rese oggi (a La Repubblica, a firma di Liana Milella, a Il Fatto Quotidiano a firma di Antonio Massari, a La Verità a firma Giacomo Amadori) lo ha diffamato parlando di fatti mai avvenuti ed in particolare di non meglio precisate cene tra il mio assistito e l'on. Donatella Ferranti, già presidente della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, nelle quali si sarebbe discusso della nomina del vicepresidente del Csm David Ermini e delle nomine di avvocati generali della Cassazione".