AGI - Nella Giornata mondiale dell’ambiente 2020, che si celebra oggi, Francesca Garaventa dell'Istituto per lo studio degli impatti antropici e sostenibilità in ambiente marino del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ias), lancia l’allarme per lo smaltimento di prodotti monouso, largamente utilizzati in questo periodo di pandemia e ricorda l’importanza della tutela ambientale.
Durante l'epidemia il consumo di plastica è diminuito?
“La biodiversità, tema centrale della giornata di oggi, è legata a diversi fattori, come il cambiamento climatico o il sovrasfruttamento delle risorse, ma l’inquinamento gioca sicuramente un gioco chiave nella perdita di biodiversità”, spiega la ricercatrice in un video pubblicato sul sito della Cnr Web Tv. “La plastica rientra in quelli che vengono considerati ‘contaminanti emergenti’ e i numeri sono davvero allarmanti: parliamo di centinaia di milioni di tonnellate di plastica che si producono ogni anno, con circa 8 milioni di tonnellate che ogni anno finiscono in mare andando a impattare fortemente sulla vita marina”, prosegue Garaventa, aggiungendo che durante la diffusione della pandemia l’uso della plastica è stato incrementato in maniera significativa.
Cosa inquina di più nell'epoca del virus?
“Sacchetti, guanti e soprattutto mascherine sono stati i prodotti all’ordine del giorno durante questo periodo. Le mascherine, ad esempio, sono composte da polipropilene, polimeri plastici che se non correttamente smaltiti possono aumentare il quantitativo di rifiuti plastici in grado di raggiungere i nostri mari. Secondo il Politecnico di Torino durante la Fase due sarebbero state necessarie un miliardo di mascherine ogni mese”, osserva ancora l’esperta, sottolineando che questi numeri devono deviare l’attenzione verso un uso sostenibile di questi materiali.
“Ricordiamoci che il mar Mediterraneo, sebbene rappresenti l’1% di tutti i mari del globo, equivale a circa il 20% del prodotto marino lordo, calcolato nel 2018 in 5.600 miliardi di dollari. Sono numeri che devono farci riflettere: il nostro ambiente va tutelato non solo per sé, ma anche perché è una risorsa di cui non possiamo fare a meno”, conclude Garaventa.
Come si smaltiscono le mascherine?
Lo smaltimento dei dispositivi di protezione individuale (dpi) deve avvenire, dove possibile, attraverso l’incenerimento. A stabilirlo, nelle linee guida pubblicate lo scorso 14 marzo, è stato l’Istituto superiore di sanità (Iss). Guanti e mascherine, insomma, devono terminare la loro breve esistenza negli inceneritori (o nei termovalorizzatori, che sono impianti di incenerimento che sfruttano la combustione per produrre energia).
Tuttavia, il percorso dei dpi verso la termodistruzione non è sempre lo stesso: si distinguono infatti a seconda di chi li ha utilizzati. I rifiuti prodotti in ambito ospedaliero prendono una strada diversa da quelli prodotti in ambito domiciliare.
In questo articolo spieghiamo le diverse casistiche (che sono fondamentalmente tre - le persone ricoverate in ospedale, quelle in quarantena o isolamento domiciliare e quelle che non sono risultate positive al coronavirus) e le norme per lo smaltimento dei loro rifiuti.
A casa o in ospedale, sani o malati: questi i casi
Nel caso più comune, ovvero le mascherine e i guanti utilizzati nelle abitazioni e sul posto di lavoro da persone che non risultano contagiate dal coronavirus, l’Iss raccomanda che i dpi vengano gettati nel bidone della raccolta indifferenziata (mai, insomma, in quello della carta o della plastica) e che vengano chiusi dentro “due o tre sacchetti possibilmente resistenti” messi “uno dentro l’altro all’interno del contenitore che usi abitualmente”.
Nel caso di persone in quarantena o isolamento domiciliare (cioè sottoposte al divieto di uscire di casa perché risultate positive al Sars-Cov-2 o perché venute in contatto con soggetti positivi) viene invece sospesa del tutto la raccolta differenziata: significa che non si deve neppure dividere il vetro dalla plastica, o la carta dall’alluminio: ogni rifiuto deve andare nell’indifferenziato.
Anche se può sembrare strano, la gestione di queste due tipologie di rifiuti non sortisce nessun’altra differenza: entrambe rientrano nella categoria dei rifiuti solidi urbani, entrambe vengono ritirate dagli stessi operatori delle aziende che si occupano della raccolta, ed entrambe finiscono insieme nello stesso inceneritore.
Diverso, come anticipato, è il caso di guanti e mascherine usate negli ospedali. Lì vengono considerati rifiuti pericolosi e seguendo un percorso di sterilizzazione.
Dpi: una bomba ecologica?
Secondo le stime del Politecnico di Torino (del 27 aprile scorso), per le sole mascherine chirurgiche “è possibile stimare che il bisogno di tutte le imprese del solo Piemonte potrebbe raggiungere una cifra teorica prossima a 80 milioni di pezzi monouso/mese. [...] Le imprese italiane nel loro complesso potrebbero avere un bisogno mensile di circa 12 volte tale entità”, cioè quasi un miliardo di mascherine al mese.