AGI - C'è chi spinge per un immediato ritorno alla normalità, chi invita alla cautela, chi auspica una riapertura per zone. A due giorni dalla cancellazione, a quanto pare certa, dei confini regionali imposti da una serie di misure contro l'emergenza sanitaria causata dal coronavirus, alcune posizioni dei presidenti di Regione sono cambiate, altre sono meno rigide, altre ancora sono rimaste quelle di sempre.
L'altolà di Rossi
"Tocca al governo decidere. Non si possono fare fughe in avanti o fare i pierini, gli sceriffi o, peggio ancora, proporre passaporti sanitari che non esistono e patenti di immunità che sono delle sciocchezze" dice il governatore toscano Enrico Rossi "tutto questo non funziona e comunque non si può creare un clima di contrapposizione tra regioni. Sarebbe sbagliato".
Rossi per "esperienza" si dice sicuro che "la diffusione del virus in Toscana, come in altre regioni, è stata il prodotto della fuga dalla Lombardia poco prima del lockdown". Questa evidenza, secondo Rossi, avrebbe dovuto consigliare "un po' di prudenza e la pazienza di aspettare una settimana in più" prima di aprire tutto. E aggiunge: "Non so a chi avrebbero potuto far male".
Ma una spiegazione c'è per il governatore toscano: "La verità è che Fontana e Sala hanno fatto la corsa per la riapertura e alla fine il governo si è adeguato. Invece una maggiore gradualità terrebbe insieme meglio il Paese. Tutti sanno che ci sono due atteggiamenti che portano un facile consenso: uno, quello improntato a una rigidità assoluta, l'altro di chi spinge per riaprire e che intercetta un bisogno vero".
Che cosa dice Attilio Fontana
Il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, da giorni si dice convinto che dal 3 giugno i suoi concittadini ritroveranno la libertà di circolare in tutto il Paese. "I dati sono estremamente positivi - sostiene - e quindi non ho dubbi che la Lombardia rientrerà sicuramente nel novero delle regioni che avranno libertà di movimento".
"Noi abbiamo sempre confidato nella data del 3 giugno - dice in linea con Fontana il presidente del Piemonte, Alberto Cirio - "tutte e tre le pagelle del ministero ci hanno confermato che i nostri numeri sono pienamente in regola. Dati che ci dicono che non ci sono criticità e che ci fanno ben sperare per la riapertura il 3 giugno dei confini della mia regione".
Sulla posizione di alcune Regioni e sulla richiesta del certificato di negatività, afferma: "Non credo che sia una scelta giusta, nè praticabile. Io vengo dalle Langhe, dal Piemonte, abbiamo una regione fortemente turistica e non vediamo l'ora di accogliere i tanti turisti stranieri, europei, che da sempre scelgono questo territorio.
Posso comprendere che ci sia un desiderio di tutela, anche legittimo, da parte di alcuni governatori - ma nello stesso tempo, da sempre, il turismo si basa sulla reciprocità, cioè proprio la possibilità di un interscambio. Io vedo non solo la necessità di un'Italia che si sposta tutta insieme ma anche di un'Europa che si muove così".
Cosa chiedono Zaia e Toti
Altri due presidenti forti sostenitori della riapertura completa dal 3 giugno sono Giovanni Toti (Liguria) e Luca Zaia (Veneto). “Il nemico è il virus - scrive su Facebook Toti - non sono le persone, qualsiasi sia la loro provenienza. Lo avevo già detto, lo ripeto. Perché sono convinto che alcuni messaggi che ho letto non rendano onore al tricolore che molti italiani hanno appeso al balcone in questi mesi. Non c'è una Regione contro l'altra. Stiamo tutti combattendo la stessa battaglia. E se il governo lo consentirà, a fronte di numeri sanitari positivi, apriremo i confini. Basta fare terrorismo, basta seminare odio, basta discriminarci tra noi".
Da parte sua, Zaia da settimane lavora a rimettere pienamente in moto la sua regione e ovviamente spinge con forza per il "liberi tutti" da mercoledì prossimo, mentre attende un provvedimento nazionale: "Penso sia fondamentale - ribadisce - non aprire a macchia di leopardo. Capisco la preoccupazione di qualche collega, ma spero si possa aprire tutti assieme, anche a livello europeo. Abbiamo la necessità di aumentare gli spostamenti e le relazioni". Ovviamente, a cominciare da Zaia, tutti i governatori favorevoli alla prossima riapertura richiamano alla responsabilità e invitano a mantenere alta la guardia nella prevenzione e nella lotta al virus.
Bonaccini auspica l'apertura completa
Anche il presidente dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, seppur nella posizione 'scomoda' di presidenza della Conferenza delle Regioni, auspica l'apertura completa. “Mi auguro - sottolinea - che si riduca il tasso di polemica, e per quanto mi riguarda spero che si possa ripartire ovviamente tutti insieme. Mi piacerebbe che si evitasse, come ho visto in certe giornate, il dibattito di accuse e controaccuse tra diverse Regioni rispetto a quello che succederà. Si deciderà di concerto con il governo. Complessivamente, Regione per Regione, ogni giorno, si trasferiscono 21 dati al ministero della Salute e lì si fanno tutti i calcoli sull’andamento della curva epidemiologica. E’ evidente che c’è bisogno di garanzie sulla sicurezza”.
Il passaporto sanitario di Solinas
Cautela, con posizioni in un primo momento molto polemiche, ma ora meno rigide, arrivano dalle Regioni del Centro Sud. Dal Lazio, l'assessore alla Sanità, Alessio D'Amato, ha parlato di forti pressioni politiche per la riapertura, avanzando anche l'ipotesi di alcune contromisure. Ma la Regione più ostile alla libera circolazione è stata, ed è, la Sardegna.
Il governatore Christian Solinas continua a ribadire che per entrare nell'isola serve una sorta di "passaporto sanitario" e non ha fatto alcun passo indietro rispetto alla posizione del ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia: "E' incostituzionale - ha detto il ministro - lo dice l'articolo 120 della Costituzione. Una Regione non può adottare provvedimenti che ostacolino la libera circolazione delle persone". Alcuni 'no' al passaporto sanitario sono arrivati anche da altri presidenti di Regioni e da alcuni sindaci, ma la Sardegna mantiene ferma la propria idea.
Musumeci ci ripensa, De Luca ammorbidisce la linea
Sull'altra isola, la Sicilia, il governatore Nello Musumeci ha archiviato l'idea del "passaporto sanitario, ed ha messo sul tavolo nuove regole: "Occorrerà verificare la provenienza, l'esistenza di eventuali casi sospetti nel nucleo familiare, indicare giorno dopo giorno la tracciabilità della presenza del turista. Ricordo soltanto che siamo al centro di una pandemia e che tutto il resto appare davvero piccola cosa", ha aggiunto Musumeci. "Non sto parlando di libera circolazione, ma di chi liberamente viene in Sicilia e accetta la collaborazione con le autorità sanitarie locali".
Dopo aver sparato a zero sulla riapertura complessiva dal 3 giugno, il governatore campano Vincenzo De Luca ha "ammorbidito" la posizione ma il ragionamento di fondo rimane lo stesso: "Davvero non si comprende - si legge nel suo posto - quali siano le ragioni di merito che possano motivare un provvedimento di apertura generalizzata e la non limitazione della mobilità, nemmeno per le province ancora interessate pesantemente dal contagio. Si ha la sensazione - ragiona - che per l'ennesima volta si prendano decisioni non sulla base di criteri semplici e oggettivi, ma di spinte e pressioni di varia natura. Si poteva decidere semplicemente che i territori nei quali nell'ultimo mese c'era stato un livello di contagi giornalieri superiore a un numero prefissato (200 – 250 - 300), fossero sottoposti a limitazioni nella mobilità per un altro breve periodo".
In ogni caso De Luca assicura che la Campania "valuterà le decisioni del governo, se e quando saranno formalizzate" e adotterà, "senza isterie e in modo responsabile, insieme ai protocolli di sicurezza già vigenti, controlli e test rapidi con accresciuta attenzione per prevenire, per quanto possibile, il sorgere nella nostra regione di nuovi focolai epidemici".
E mentre Michele Emiliano, dalla Puglia, sottolinea che "è arrivato il momento di riaprire il Paese a condizioni di normalità e la condizione di normalità fondamentale è la libertà di circolazione", dalla punta dello "Stivale" la governatrice Jole Santelli da giorni, in tv e sui giornali, ribadisce che la Calabria è pronta ad accogliere a braccia aperte i turisti. "Siamo a contagio zero - evidenzia - e nel rispetto di tutte le misure contro il coronavirus, ora posso dire a chi arriva in Calabria: l'unico pericolo sarà quello di ingrassare".