Controllare i pazienti ricoverati affetti da Covid-19 in remoto e connetterli con le loro famiglie e amici attraverso le video chiamate, per alleviare i lunghi periodi di degenza.
Ma anche prestare forme di assistenza di base come la consegna dei farmaci, diminuendo l’esposizione del personale sanitario al virus e riducendo la possibilità di contagio.
L'intelligenza artificiale si affaccia in corsia e in due ospedali della Toscana arriva il robot.
Il primo è stato assemblato ed è già operativo all'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Cisanello, a Pisa. Altri test sono stati eseguiti nel Nuovo Ospedale Apuano di Massa.
Il progetto che ha dato vita al robot, come molte tecnologie del genere, ha un nome in codice: LHF-Connect.
Da un punto di vista pratico mette a disposizione delle strutture sanitarie le istruzioni per la costruzione del robot per la telepresenza, guidato tramite un software sviluppato da un team di ricerca dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) in collaborazione con l’Università di Pisa e rilasciato gratuitamente e open source, disponibile anche sulla piattaforma TechForCare.com recentemente lanciata dall’Istituto per la Robotica e le Macchine Intelligenti (I-Rim) e Maker Faire Rome.
Il primo robot assemblato è già operativo nelle corsie dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP) di Cisanello (Pisa) e permette al personale sanitario di controllare i pazienti.
Altri test sono stati eseguiti nel Nuovo Ospedale Apuano della Azienda USL Toscana Nordovest. La tecnologia consente inoltre di prestare forme di assistenza di base come la consegna dei farmaci, diminuendo l’esposizione del personale sanitario al virus e riducendo la possibilità di contagio.
In particolare il dispositivo è stato testato, sia in reparti Covid-19 che di terapia intensiva e sub-intensiva, mettendo in comunicazione una paziente ricoverata in corsia e i suoi familiari, che dal momento del ricovero non avevano avuto la possibilità di vedersi. La procedura è avvenuta senza rendere necessaria l’esposizione del personale medico.
Durante la sperimentazione si sono valutate anche le procedure per la sanificazione del dispositivo e sono state studiate le modalità per garantire la massima protezione della privacy.
Si sono inoltre sperimentate le potenzialità nel campo della telemedicina effettuando un consulto a distanza in un reparto di terapia intensiva tra il direttore del Dipartimento di Anestesia e rianimazione dell’AOUP Fabio Guarracino e un paziente intubato.
Il medico ha osservato i monitor e interloquito con l’infermiere che assisteva il paziente. L’utilizzo di LHF-Connect ha consentito di ridurre sensibilmente i tempi complessivi del consulto, poiché non si è resa necessaria la fase di preparazione e vestizione del medico, e di limitare l’esposizione del personale al rischio di contagio. Inoltre il consulto può avvenire a distanza, anche da una città all’altra, aprendo la strada a molte numerose applicazioni.
Un terzo robot, assemblato autonomamente seguendo le istruzioni del progetto, è invece operativo presso il Centro Polivalente Anziani Asfarm di Induno Olona (Varese), un RSA al momento Covid19-free, grazie alle azioni preventive dei gestori della struttura, dove il dispositivo mette in comunicazione gli ospiti con i parenti e, tele-operato dagli operatori della struttura, fornisce assistenza portando quotidiani o medicinali.
Il robot è dotato di una intelligenza artificiale che ne aiuta la navigazione, ma viene supervisionato a distanza da una persona che gli impartisce gli ordini.
Al momento il robot viene utilizzato con l’assistenza remota di ricercatori o di operatori sanitari, ma il progetto prevede di istruire i volontari che offriranno alcune ore per guidare a distanza i robot nei reparti Covid-19 che li richiedono, aiutando il personale sanitario già sovraccarico di attività.
I volontari possono dare la propria disponibilità sul sito del progetto. Tecnicamente LHF-Connect è costituito da una base mobile realizzata modificando un’aspirapolvere robotico commerciale, da un piedistallo e due cellulari o tablet.
Il software sviluppato dal team IIT e Università di Pisa permette la supervisione del robot da parte di un operatore remoto, rendendolo così in grado di raggiungere i letti dei pazienti ricoverati in isolamento. Quando la connessione tra il paziente e il medico o il parente è stabilita, il pilota volontario abbandona la comunicazione per garantire la privacy.
Il progetto LHF, di cui LHF-Connect è il primo prodotto, prende il nome da “Low Hanging Fruits” cioè quei frutti della ricerca robotica più avanzata svolta negli anni passati, e che sono oggi a portata di mano per una applicazione vasta e immediata.
Nell’emergenza Covid-19, i ricercatori del progetto LHF hanno raccolto le necessità delle strutture ospedaliere e pensato a soluzioni rapide e realizzabili con oggetti commerciali di largo consumo, collaudati e disponibili facilmente, in breve tempo e con una spesa ridotta.
Nel caso del robot di telepresenza la spesa complessiva dei componenti necessari si aggira, spiegano gli scienziati, intorno ai 1000 euro, mentre il software viene rilasciato gratuitamente dai ricercatori IIT e reso disponibile, secondo lo spirito Open Source, a tutti i coloro che vogliano utilizzarlo o migliorarne le funzionalità.
Questo progetto ha potuto svilupparsi anche grazie all’azienda iRobot, la casa madre di Roomba - il robot aspirapolvere più diffuso e prodotto in milioni di esemplari – che ha concesso al progetto tutto italiano LHF-Connect di accedere alle proprie librerie software usandole e modificandole.
Il progetto LHF è libero da ogni interesse commerciale e aperto all’utilizzo di qualsiasi prodotto possa essere utile.
“Abbiamo parlato molto con i medici ed il personale sanitario, e abbiamo scoperto che non c'era bisogno di “rocket science” per essere veramente utili – oggi e dovunque serva - in questo momento di emergenza. Ci è stato detto che un semplice robot di telepresenza sarebbe stato di grande aiuto per gli operatori, continuamente esposti a rischi di contagio, e per i ricoverati in reparti Covid-19, che rimangono isolati per settimane senza poter avere contatti con le proprie famiglie” racconta Antonio Bicchi, ricercatore IIT, professore all’Università di Pisa e Presidente di I-Rim.
“Il nostro obiettivo è dare ora il nostro contributo per la gestione delle strutture ospedaliere e un leggero sollievo ai ricoverati e alle loro famiglie. La ricerca italiana in Robotica, che è una delle più forti al mondo, continua intanto a preparare il futuro.” conclude Bicchi.
“Il progetto LHF-Connect offre grandi opportunità ai pazienti affetti da Covid-19, alle persone che vogliono essere loro vicine ed al personale sanitario, duramente impegnato in questa situazione di vera emergenza,” dice Mauro Ferrari, professore di chirurgia e Direttore del Centro Endocas dell’Università di Pisa.
“Le potenzialità del progetto, tuttavia, si potranno sviluppare oltre i confini di questa fase e saranno utilissime per disegnare una assistenza sanitaria molto più improntata sull’uso della telemedicina. Per questo, sia la Direzione Aziendale, sia i medici già coinvolti nel progetto hanno manifestato interesse e grande disponibilità”.
“Quando si sarà allentata la pressione sui ricoveri per Covid-19, che stiamo già osservando da qualche settimana anche nel nostro ospedale – dichiara il direttore generale dell’Aoup Silvia Briani – è naturale che riprendano gradualmente tutte le attività ma niente potrà più essere replicato con le stesse modalità della fase pre-Covid-19 perché ci saranno nuovi standard di sicurezza cui attenersi.
Per cui stiamo già lavorando alla cosiddetta ‘ripartenza’ in accordo con le indicazioni regionali e queste potenzialità offerte dal dispositivo, in particolare sulla telemedicina/teleconsulto sono interessanti e meritano quindi di essere testate”.
"Un progetto concreto che dà un contributo sostanziale nella gestione di questa emergenza che coinvolge ogni ambito della nostra vita, compreso quello affettivo. Ma che soprattutto richiede nuove modalità di intervento in campo assistenziale e medico - commenta il rettore dell'Università di Pisa, Paolo Mancarella -.
Con LHF-Connect facciamo un passo in più verso la Fase 2 e la nostra Università è fiera di aver fatto parte di questo progetto che nasce da una preziosa collaborazione tra pubblico e privato e che conferma, una volta di più, come il nostro sistema Universitario sia un'eccellenza su cui è necessario investire per il futuro del Paese".
Il progetto rientra nell’iniziativa TechForCare, una piattaforma, recentemente lanciata su iniziativa di I-RIM, l’Istituto per la Robotica e le Macchine Intelligenti che riunisce la ricerca accademica più visionaria e l’industria aperta alle tecnologie avanzate e Maker Faire Rome - The European Edition punto di incontro della community dei makers e degli innovatori.
TechForCare ha il ruolo di raccogliere le esigenze tecnologiche nate in seguito all’emergenza Covid-19 e connetterle con chi tra Istituti di ricerca e Makers può offrire soluzioni pronte in breve tempo.
Qualsiasi struttura sanitaria che abbia bisogno di questa specifica soluzione può collegarsi al sito www.lhfconnect.net dove, oltre a poter vedere il robot in azione, sono disponibili tutti i disegni, il software e le istruzioni per chiunque voglia replicare il dispositivo. Questa e altre iniziative saranno anche presenti sulla piattaforma TechForCare.com e sul sito istituzionale dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT).