"È iniziata una nuova era. Non possiamo ragionare con strumenti del passato. C'è un economia pre-Covid e una post Covid, e il 2020 sarà un anno di passaggio". È netto Antimo Caputo, terza generazione al vertice di un'azienda napoletana che produce farine dal 1924, realtà ormai da 70 milioni di euro di fatturato con export in 70 Paesi del mondo. Prodotti di ogni tipo, anche gluten free nello stabilimento di Bergamo, per pizzerie, pasticcerie e ristorazione di alto livello.
Caputo, in passato anche presidente del giovani industriali partenopei, all'AGI esplicita la sua ricetta per la ripresa. "Tutti viviamo una quotidianità senza sapere cosa accada, una sorta di limbo - ragiona - il settore alimentare è educato ai controlli sanitari; tracciabilità igiene, sanificazione, tutela della salute dei dipendenti sono una nostra costante. Noi non abbiamo mai smesso di lavorare neanche durante il lockdown, così come buona parte della filiera agroalimentare".
Ora però qualsiasi imprenditore, "ha bisogno di direttive chiare. Ci devono far capire come muoverci, per continuare a mantenere in piedi il Paese. Poi occorre una strategia Paese nei trasporti e nella logistica, cioè maggiore fluidità".
"La logistica - sottolinea il giovane ad - è determinante. Ed ancora, un sistema di supporto snello, perché la burocrazia è uno dei mali antichi dell'Italia. Ci sono ad esempio certificazioni private che portano più benefici anche in termini commerciali della palude di moduli del sistema pubblico".
Caputo tocca poi il tema degli aiuti: "Lo Stato ha il dovere di aiutare il singolo cittadino che non ce la fa; e, il coronavirus l'ho reso ancora più evidente, deve investire molto in Sanità. Ma nel tessuto produttivo deve mantenere in vita chi potrà reggere il mercato, un mercato post Covid. Quindi occorre un'analisi di scenario autorevole e l'individuazione dei settori strategici che possono trainare il Paese, attorno ai quali rimodulare tutto. Personalmente io sono sempre dell'idea che gli sgravi automatici siano una politica vincente che non genera distorsione di mercato".
Molino Caputo nei due mesi del lockdown, pur producendo farina, uno dei generi più richiesti anche dal consumatore al dettaglio, ha registrato cali di fatturato consistenti "solo in parte integrati dal aumento della domanda domestica". "Qualcuno ha messo in cassa integrazione i suoi dipendenti. Lo Stato, se pure misura minima, ha messo a disposizione strumenti anche per chi non ha lavorato", ammette l'imprenditore.
L'azienda, in epoca pre-Covid, vedeva solo il 5% del fatturato legato all'uso casalingo del suo prodotto; ma già nel 2015 aveva investito in un stabilimento a Campobasso dove era possibile confezionare anche pacchi da 1 e 5 chili. Caputo si è trovato quindi proiettato con piccolo vantaggio in uno scenario nel quale proprio la farina era uno dei prodotti più richiesti nei supermercati, fino a diventare introvabile soprattutto nei primi giorni di lockdown. "Quello che mi ha stupito era vedere che il cliente della grande distribuzione e del piccolo esercizio chiedeva farine tecniche per replicare a casa i segreti della sfoglia per la tagliatella piuttosto che per la pizza o il dessert", racconta.
"Avevamo già avuto avvisaglie di questa specializzazione dal web - rivela - la nostra Farina TV ad esempio aveva fatto 7 milioni di visualizzazioni per una ricetta di impasto del 're della pizza' Davide Civitiello. La cucina italiana è nata domestica ed è ritornata alle sue origini. La collettività ha riscoperto il piacere di ritrovarsi intorno a un piatto fatto in casa. Questo trend probabilmente si sgonfierà quando torneremo alla normalità, ma solo in parte, proprio perché si è riscoperto insieme un valore, quello degli elementi semplici, quello come la farina, quello della lentezza legata alla levitazione, quello della condivisione e della famiglia".