Milioni di ragazzi chiusi in casa, senza scuola, senza sport, senza altre attività da fare. L'emergenza coronavirus sta cambiando le abitudini anche dei più giovani e non c'è da stupirsi se negli ultimi giorni si è registrato un importante aumento del traffico di dati per usare videogiochi online come Fortnite o Call of Duty. Un picco che sta preoccupando molti: i gestori della Rete per la tenuta dell'infrastruttura e tanti genitori che temono effetti negativi dei videogiochi sui loro figli.
Su questo secondo aspetto però lo psicoterapeuta Alberto Rossetti, che si occupa di adolescenti, rassicura gli animi in questo dialogo con l'Agi. "Quanto sta succedendo in questi giorni rende inevitabile un maggiore utilizzo dei videogiochi e del digitale: i ragazzi sono chiusi in casa e il numero di attività che possono svolgere è assai più limitato. Per questo non bisogna preoccuparsi di eventuali eccessi di utilizzo rispetto al periodo precedente. Anzi, è assai più preoccupante un ragazzo che non vuole fare nulla e scivola nell'apatia rispetto a uno che passa più tempo con il joypad in mano o al computer".
Nessun pericolo quindi?
Resta fondamentale non far prendere abitudini malsane ai più giovani. I videogiochi vanno bene, ma usati correttamente. Abitudini come quelle di giocare fino a tarda notte o alzarsi all'alba per una partita non andavano bene prima e non vano bene neanche adesso. I genitori devono aiutare i figli, soprattutto adolescenti, a gestire il tempo intervallando diverse attività. Però, vista la situazione di emergenza, è meglio affrontare il tutto con meno rigidità.
Alcuni genitori vedendo i figli così tanto davanti alla console o al computer potrebbero essere tentati dall'idea di vietarglieli. È una buona idea?
Vietare o limitare troppo i videogiochi può essere controproducente. Che si giochi online con degli amici o con degli sconosciuti, siamo comunque di fronte a forme di relazione. Impedirle, in un momento in cui già i ragazzi non possono uscire e non possono fare quasi nulla, diventa uno stimolo a farli isolare dal mondo. Una partita online può essere per loro uno spazio di sfogo e di divertimento, e anche un evento di cui poi parlare con gli amici.
Cosa dovrebbero fare quindi i genitori in questa situazione?
In questi giorni siamo obbligati ad affrontare cose mai affrontate prima. Diciamo subito una cosa chiaramente: non esiste una regola di comportamento valida per tutti, giovani o adulti che siano. Probabilmente però molti genitori hanno adesso quel tempo che prima non avevano per interessarsi ai giochi dei figli. L'emergenza può quindi diventare un'occasione per informarsi meglio e, perché no, condividere alcune attività e gli stessi videogiochi. Però questo non deve diventare un obbligo per nessuno: se il ragazzo vede il momento del videogioco come un suo spazio, va bene anche lasciarlo così, senza entrare in quello spazio.
Esistono titoli più indicati di altri o videogiochi che è meglio evitare?
Ci sono videogiochi che vanno bene per alcuni e altri no, dipende da tanti fattori, tra cui l'età. Ci sono ragazzi che giocando a titoli come Fortnite o altri sparatutto diventano aggressivi e, visto che poi non possono neppure uscire, si ritrovano a non poter sfogare da nessuna parte questa aggressività. Però ci sono molti altri che giocano a quegli stessi giochi in modo perfettamente sano. Anche qui, l'abilità del genitore deve essere quella di saper osservare e, dopo, spingere i ragazzi verso le attività migliori per loro. Il mercato dei videogiochi propone titoli molto diversi e con meccaniche differenti: non ci sono solo giochi in cui si spara, ma anche opere più narrative. Insomma, si può essere creativi anche con i videogiochi.
I videogiochi un aiuto in questo momento di emergenza insomma.
Non dobbiamo vedere i videogiochi, e il digitale, come un mondo a parte e separato dal resto: deve esserci una continuità. Questi prodotti possono essere un'attività ulteriore da proporre rispetto a quelle più classiche e non vanno demonizzati. Fare giocare ai videogiochi i giovani non significa condannarli alla dipendenza. Ma questo richiede delle responsabilità anche da parte dei genitori che non devono usare iPad o computer per “parcheggiare” i figli. E alla fine di questa emergenza non ci troveremo di fronte a milioni di dipendenti dai videogiochi. Anzi, i giovani avranno più voglia che mai di tornare all'aria aperta e invadere i parchi delle città.