“Non solo non è chiuso ma l’organizzazione di questi giorni è tale da rischiare di aumentare i casi di coronavirus”. Il Tribunale di Milano, potenziale amplificatore del contagio, è rimasto aperto dopo laboriose consultazioni tra i suoi vertici. Anche adesso che questa piazza giudiziaria viene additata come origine dell’infezione che ha colpito quattro avvocati napoletani e due segretarie, dopo la trasferta in Lombardia di uno di loro. Sono in tanti, come il giudice che accusa i suoi capi di favorire la diffusione del Covid-19, a non approvare la decisione di mantenere gli ingressi liberi.
E’ vero che, nei tempi del coronavirus, passano meno delle 7mila persone che, in media, si distribuiscono ogni giorno tra aule, corridoi, uffici del vasto palazzo, un labirinto in cui è facile perdersi tra i marmi maestosi di epoca fascista. Un po’ perché la paura inchioda a casa, molto perché alcune misure per ridurre il contagio sono state messe in atto.
Udienze a porte chiuse, con l’accesso in aula consentito “soltanto alle persone strettamente necessarie” e comunque con il divieto “di far affluire troppe persone contemporaneamente” in luoghi a rischio come le aule in cui si discutono le cause. Possibili rinvii dei processi, basati però sulla totale discrezione dei magistrati. Ovviamente, fin da subito è stato vietato l’ingresso a chi viene dalla ‘zona rossa’ anche se, nel frattempo, Milano è diventato a sua volta territorio ultrasensibile, tanto da richiedere misure di sicurezza estreme, che hanno ridotto al minimo il fervore cittadino. Tra i cartelli affissi, quello che invita le parti delle udienze e i loro difensori ad attendere il proprio turno nell’androne di ingresso e a non sostare davanti all’aula.
“Un provvedimento - sostiene il magistrato interpellato dall’AGI - che sembra salvaguardare solo la saluta nostra, e non quella pubblica”. In questa linea, si può leggere anche il monito ‘di non avvicinarsi ai giudici e ai cancellieri durante lo svolgimento dell’udienza’. “Una cosa che mi fa arrabbiare è che i giudici stanno seduti sulla loro sedia, con guanti e mascherina, e non hanno nessuno accanto - considera Andrea Soliani, presidente della Camera Penale milanese - mentre noi siamo tra possibili soggetti che hanno contratto il virus”.
Soliani è tuttavia tra coloro i quali, come il presidente dell’Ordine degli Avvocati, Vinicio Nardo, appoggia la volontà di non chiudere il palazzo. “Giusto restare aperti come altri uffici pubblici, ma occorre che le misure di prevenzione siano rispettate e non è facile. Fosse per me, darei la possibilità agli avvocati che hanno paura di presentare un’istanza, che dovrebbe essere accolta, di rinvio dell’udienza. Non si può obbligare chi non se la sente in in un momento così.
C’è anche da tenere in conto che che per molti avvocati non andare in udienza per due o più settimane costituirebbe un sacrificio economico in alcuni casi impossibile da sostenere”. L’avvocato Mirko Mazzali auspica misure più incisive, molto prossime all’idea di chiusura: “Dovrebbero svolgersi solo i processi urgenti nel civile e quelli con detenuti nel penale. Per il resto, sospensione fino a fine mese”.
Si palesano anche inaspettati rivolti positivi, come quella che, l’avvocato Matteo Picotti, altro rappresentante della Camera Penale, definisce “l’eterogenesi dei fini”: “In questi giorni su disposizione della procura è obbligatorio il deposito telematico degli atti, visto che le cancellerie sono chiuse. Prima nel penale questa opzione era quasi inesistente. Può essere l’occasione per capire che con l’informatica si può fare quasi tutto”.
Le udienze però ancora richiedono la presenza in carne e ossa di chi è coinvolto. Riflette un altro magistrato, interpellato dall’AGI: “I posti più pericolosi sono le direttissime, il tribunale della sorveglianza, i corridoi davanti ai giudici di pace e civili, dove l’affollamento è massimo, per non parlare di quello che potrebbe succedere se il virus dovesse entrare nelle carceri. Questa idea di essere ‘eroici’ durante un’epidemia - conclude - non la capisco proprio. Il palazzo andrebbe chiuso e basta”. Del resto, fa poi notare, l’attività giudiziaria si ferma d’estate e anche durante le astensioni degli avvocati o dei giudici onorari, frequenti negli ultimi tempi. Perché non farlo ora?