“Dobbiamo danzare tra le informazioni, prenderne le briciole e collegare le parti contrapposte per ottenere la verità”. A parlare è un uomo sulla cinquantina. Il 2 marzo ha caricato sul suo canale YouTube un video che ha ottenuto in poche ore 7 mila visualizzazioni, centinaia di condivisioni sui social e commenti sulla piattaforma video. Quelle porzioni di “informazioni contrapposte” gli hanno consentito di titolare i suoi dieci minuti in diretta streaming: “Connessione 5G e Coronavirus, LE PROVE”. È solo un video tra i tanti, tra le decine e centinaia che in questi giorni si stanno moltiplicando in rete insieme ad articoli, blog e post sui numerosi gruppi Facebook in cui prolificano le teorie cospirazioniste contro la tecnologia 5G.
Lo stesso autore del video in questo caso si premura di parlare di prove “tra virgolette” - nel caso specifico la “prova madre” sarebbe la decisione degli Stati Uniti di bandire l’uso di tecnologia 5G prodotta in Cina. Ma sono sulla stessa linea anche gli altri contenuti diventati popolari online. Una delle tesi più condivise è quella che vorrebbe il coronavirus effetto di un avvelenamento da radiazioni causato dalle reti di nuova generazione.
I gruppi e le fanpage che in Italia condividono anche teorie cospirazioniste contro il 5G di produzione cinese sono una decina. Il più grande ha circa 11 mila membri, gli altri vanno dai 2 mila alle 5 mila persone. Sono una porzione di un network molto più esteso, molto attivo in Gran Bretagna, negli Usa ma anche in altri Paesi dell’Europa continentale come Francia e Germania. Ma non sembrano esserci collegamenti diretti tra le varie nazioni, al netto della foto del gruppo che in alcuni casi è la medesima. Ad ogni modo i gruppi italiani sembrano aver mutuato le stesse argomentazioni che vanno per la maggiore negli altri Paesi.
Le due argomentazioni delle tesi complottiste
A sostegno della tesi che il coronavirus sia in qualche modo causato dalle reti 5G ci sono due argomentazioni: la prima è che Wuhan sarebbe la prima città ad aver introdotto questa tecnologia. Che è anche vero, ma Wuhan è stata una di 16 città pilota per l’implementazione di questa tecnologia. E la correlazione tra Wuhan, epicentro della pandemia, e il 5G non stabilisce in alcun modo un rapporto di causa effetto tra le due cose.
La seconda sostiene che il 5G sia responsabile del crollo del sistema immunitario umano. A supporto di questo argomento si portano studi indipendenti, mai pero approvati o confermati dalla comunità scientifica.
Le teorie del complotto trovano terreno fertile sui social. Fanno leva spesso sul sospetto che le spiegazioni ufficiali nascondano verità più profonde. E che le loro spiegazioni le svelino. Spesso non si basano su prove, ma collegano eventi apparentemente slegati tra di loro senza portare evidenze a sostegno delle loro tesi. La loro forza è proprio in questo: il loro non basarsi sui fatti le rende sostanzialmente immuni alle smentite dei fatti.
YouTube cerca di arginare il fenomeno
YouTube rimane il canale privilegiato per la diffusione di teorie cospirazioniste e complottiste in rete. La società, controllata da Google, ha da poco annunciato di essere riuscita a ridurre il numero di video cospirazionisti ‘suggeriti’ dal suo motore di ricerca del 70% - alcuni studi però raccontano che l’obiettivo raggiunto in realtà sarebbe del 40%. E in queste settimane le teorie del complotto più popolari riguardano non a caso la diffusione del coronavirus che con il 5G ha come comune denominatore la matrice ‘cinese’, e tanto è bastato a molti per stabilire fantasiose correlazioni.
Non che il 5G non preoccupi. Ieri nella sua relazione annuale il Dis (il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza della Repubblica) ha scritto che “l’avvento del 5G ha fatto da a sfondo uno scenario caratterizzato dal predominio tecnologico di alcuni attori e dalle preoccupazioni di altri rispetto al rischio di abuso delle nuove infrastrutture per finalità ostili”. E così continuerà ad essere nei prossimi anni. Nessun riferimento diretto a Huawei e alla Cina. Ma si tratta comunque della conferma che i servizi hanno ben alta la soglia d’attenzione.
@arcangeloroc