Uno degli ultimi tweet diceva: “Per lottare non basta l’amore. Ci vuole soprattutto la volontà”, e Max Conteddu ne ha messa tanta, finché ha potuto, finché gli è stato concesso tempo, poi la malattia ha preso il sopravvento e oggi se l’è portato via a 38 anni. Una malattia - un tumore al cervello - della quale sappiamo tutto perché è stato lui a raccontarla su Twitter praticamente ogni giorno. Sei mesi. Tanto è bastato.
Si potrebbe pensare che per lui fosse qualcosa di terapeutico, qualcosa che lo potesse aiutare ad affrontare meglio una strada che aveva capito dove sarebbe andata a finire; l’impressione invece, oggi che Max non c’è più, scorrendo il suo profilo Twitter a ritroso, è che più che altro volesse dare significato a quello che gli stava accadendo, per regalarci un punto di vista che stava quasi già dall’altra parte. Un inno alla vita vero, di chi quella vita, giorno dopo giorno, la stava abbandonando, senza volerlo, come nessuno di noi vorrebbe abbandonarla.
Tanto da averlo portato anche a controbattere in maniera decisa Nadia Toffa quando, in maniera piuttosto controversa, aveva definito la sua malattia “un dono”. Non una guerra la sua, naturalmente, contro la conduttrice delle Iene, alla quale ha comunque tributato l’appellativo di “guerriera”, ma un modo per farci intendere come una stessa tragedia può essere vissuta in maniera diversa da persone diverse; anche se si sa che la fine è uguale, per tutti, anche per chi è più fortunato e quella tragedia la vive accanto ad un letto e non dentro.
Non è un caso allora che il suo ultimo tweet siano una manciata di cuori, 10 giorni fa; l’8 febbraio invece le ultime parole ai suoi oltre 40mila follower, tra cui anche Max Pezzali che gli ha mandato un video incoraggiamento: “Tenete in tasca un po’ di sole. Ne avrete bisogno quando farà buio nella vostra vita”, accompagnate all’ennesima foto del suo viso deturpato dalle cure.
Accanto a lui fino all’ultimo la sua fidanzata, i genitori, gli amici, sua vera ricchezza, come ha scritto in diversi tweet. Il pubblico ha sempre accolto con entusiasmo e vicinanza i messaggi di Max, senza idolatrarlo ma sottolineando sempre l’ammirazione per quell’ironia (“Parlo come Darth Vader con questa maschera. Che la FORZA sia con me”), quella profondità (“Sorriso dopo sorriso si costruisce il coraggio”), quella celebrazione costante, meravigliosamente ossessiva, dell’esistenza (“Il buongiorno si vede dalla voglia che hai di renderlo speciale nonostante tutto”). “chissà dove va la roba che mandiamo a fanculo” si chiede il 28 gennaio, solo una manciata di giorni fa, forse preso dalla rabbia per un destino crudele che lo ha messo alla prova condannandolo a quella che lui ha definito una “MALEDIZIONE”, così, tutto maiuscolo; l’impressione, se giustizia esiste, è che lui non lo saprà mai e che sia finito da tutt’altra parte.