“Nemico pubblico numero 1”: così è stato definito il Coronavirus dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ossia l’autorità scientifica più accreditata al mondo per gestire epidemie virali di questa portata. In Cina purtroppo si contano 1.115 i decessi e 45.183 casi accertati. Un virus pericoloso per la salute dell’uomo ma non solo: infatti anche l’economia ne risente in Cina e di conseguenza in tutto il mondo: si stima che il Pil cinese possa contrarsi di 2 punti percentuali nel primo trimestre dell’anno, persino di più di quanto provocò la Sars nel 2003, quando il PIL rallentò dell’’1,2-1,4%.
*(coeff. di Pearson -0,95)
A confermarlo lo dicono anche i dati presi dai social messi in relazione con alcuni indicatori finanziari. Abbiamo infatti sovrapposto il volume complessivo di tutte le conversazioni riguardanti il #CoronaVirus, ai valori di chiusura dell’indice FTSE China A50, ossia l’indicatore di riferimento per gli investitori che desiderano accedere al mercato cinese, e che comprende le più grandi 50 società di azioni per capitalizzazione totale quotate sulle borse di Shanghai e Shenzhen.
L’analisi mostra una correlazione molto forte*: i picchi dei volumi delle conversazione corrispondono a bassi valori di chiusura. Ma vale anche la considerazione opposta: quando si parla poco sui social di Coronavirus i valori di chiusura del FTSE ricominciano a crescere.
Questo significa che la paura, certamente amplificata quando si parla così tanto di un qualsiasi fenomeno di sanità pubblica, condiziona negativamente le transazioni economiche e gli scambi commerciali. L’analisi della conversazioni online è un approccio diverso che tuttavia conferma questa tendenza: il grafico dimostra che al crescere della linea verde sulle conversazioni nel mondo sul #Coronavirus, l’indice FTSE A50 si riduce.
Il virus della discriminazione questa volta non contagia Twitter
Su Twitter si registrano tantissime conversazioni che includono sia #Coronavirus che la parola o l’hashtag #razzismo, ma prevalentemente per denunciare con disapprovazione i numerosi episodi discriminatori verificatisi in questi giorni, in Italia, a danno della comunità cinese e in particolar modo dei ristoranti.
In totale si registrano 5 mila conversazioni di questo tipo in circa un mese, da quando si parla con insistenza dell’epidemia, con oltre 23mila condivisioni e sentiment negativa all’87%.
La tendenza a non discriminare prevalente, ma non assoluta: anche su Twitter, infatti, la diffidenza verso i cinesi trova spazio.
La politica si divide anche su un tema di sanità pubblica di questa importanza. La Lega invita la sinistra a “riconnettersi con la realtà” alzando il livello dell’allarme. Il fronte progressista invece invita alla prudenza, senza cedere a psicosi collettive.