"Ho imparato quanto vale la pena piangere, soffrire, sacrificarsi, pur di raggiungere un risultato a cui teniamo, perché la soddisfazione ripaga di tutta la fatica. Ho conosciuto l'abisso della disperazione, e ne sono venuto fuori, ora posso dirlo, sulle mie gambe. L'unica strada che conosco per rinascere".
Sono le parole che il triestino Manuel Bortuzzo, - intervistato dal vicedirettore de Il Piccolo Alberto Bollis - ha rivolto ad un folta platea al Teatro Rossetti, parlando del suo dramma che lo ha colpito a soli 19 anni e che gli ha sconvolto la vita, lui che era già una promessa del nuoto italiano. "Sto facendo un percorso faticoso - queste le sue parole in merito al suo recupero -. Faccio molta fisioterapia, ma lo sport mi ha insegnato che chi si arrende ha perso in partenza e io farò tutto quello che è nelle mie possibilità per poter tornare a camminare".
Ad accompagnarlo un sorriso degno della sua giovane età, nonostante l'assurdità di quello che gli è capitato . "E' una grande emozione essere qui a Trieste e vedere quanta gente in questi mesi si è stretta attorno a me mi dà grande forza per il futuro".
Una serata in piena sintonia con il suo spirito, sempre solare, spaziando con Alberto Bollis fra il passato, i ricordi di quand'era piccolo e tornava a Trieste a trovare i suoi nonni e il futuro.
Che significa anche l'improvvisa notorietà, il film sulla sua vita che sta girando a Roma assieme a Raoul Bova e il libro da poco uscito nelle librerie "Rinascere, l'anno in cui ho ricominciato a vincere", nel quale Bortuzzo ripercorre tutto ciò che gli e' accaduto negli ultimi nove mesi. Manuel non ha dimenticato di citare la sua triestinità, assorbita però solamente dai parenti rimasti in città. L'ultimo pensiero l'ha riservato a chi lo ha ridotto in sedia a rotelle. "Qualsiasi decisione presa dai giudici, non mi ridarà la possibilità di riutilizzare le gambe. Perciò - ha concluso - guardo avanti e penso solo a guarire".