"Mi scuso per quello che ho fatto: in carcere ho capito che non è il colore della pelle a fare il criminale". Non è bastata una dichiarazione spontanea ai giudici della corte d'assise di Macerata, il 3 ottobre dello scorso anno, nell'ultimo giorno del processo con il rito abbreviato, per evitare a Luca Traini, 30 anni di Tolentino, la condanna a 12 anni di carcere per reati gravissimi: strage aggravata dall'odio razziale, porto abusivo d'arma e danneggiamenti. A quelle scuse non aveva creduto il procuratore Giovanni Giorgio, che aveva chiesto il massimo della pena, né hanno creduto i giudici, che lo hanno ribadito scrivendolo nelle motivazioni della sentenza.
I fatti risalgono al 3 febbraio 2018: tre giorni prima, i carabinieri di Macerata avevano ritrovato nelle campagne di Pollenza il corpo fatto a pezzi di Pamela Mastropietro, fuggita da una comunità del Maceratese e per il cui omicidio, il 29 maggio scorso, è stato condannato all'ergastolo il nigeriano Innocent Oseghale.
Luca Traini, a bordo della sua Alfa 147, sente alla radio gli aggiornamenti sull'omicidio della diciottenne romana e decide di vendicarla. Torna in casa, recupera la sua Glock e comincia un raid per le vie del centro di Macerata. Spara ad altezza d'uomo: ferisce sei persone, tutte di colore, e colpisce anche gli ingressi di due locali pubblici e la vetrina di una sezione del Pd. In città è il panico, con i carabinieri che lo inseguono e il sindaco, Romano Carancini, che chiede alla popolazione di non uscire di casa e blinda le scuole.
Luca Traini si fa arrestare nella centralissima Piazza della Vittoria: si è tolto il giubbotto, messo sulle spalle il tricolore, è salito sui gradini del Monumento ai Caduti e ha fatto il saluto fascista. Quando si avvicinano i carabinieri per mettergli le manette non oppone alcuna resistenza. Ai militari, al procuratore Giorgio e, successivamente, ai giudici della corte d'assise di Macerata ha sempre negato di essere razzista, ma di aver voluto vendicare la morte di Pamela con l'intenzione di colpire gli spacciatori.
"Quello di Traini lo ritengo uno dei cosiddetti crimini d'odio, commessi da persone che hanno un orientamento ideologico molto forte", aveva detto Giorgio, subito dopo la sentenza di primo grado. "Capace di intendere e di volere" per lo psichiatra Massimo Picozzi, che ha redatto una perizia voluta dal presidente della corte, Claudio Bonifazi. "Un gigante buono" per il suo legale, Giancarlo Giulianelli, che da oggi proverà ad ottenere uno sconto di pena.