La qualità del vino italiano? “Sarà tra il buono e l’eccellente. Guardiamo al futuro con ottimismo e fiducia”, risponde con sicurezza il barolista Ernesto Abbona, presidente dell’Uiv, l’Unione italiana vini. “Ci sono differenze tra Comune e Comune, a volte anche tra vigna a vigna — spiega il presidente mondiale degli enologi Riccardo Cotarella — ed è, questo, il risultato del clima che cambia”: da temperato a caldo arido, una situazione che rende decisivo il ruolo degli enologi.
Ma a parte la qualità, che è fondamentale, se non forse tutto, per questo tipo di prodotto, è tuttavia la quantità della raccolta grappoli 2019 che fa da battistrada e che proietta l’Italia sul tetto del mondo. I dati della vendemmia in corso già lo confermano: secondo le previsioni, il Belpaese delle vigne produrrà 46 milioni di ettolitri di vino, 9 milioni in meno dell’anno scorso, pari ad una flessione del 16%.
Dopo l’abbondante vendemmia dello scorso anno le condizioni meteo difficili (in particolare un maggio freddo e piovoso ha rallentato il ciclo vegetativo della vite) la produzione italiana di vino 2019 si è un po’ fermata. Una flessione che tuttavia non rischia affatto di scalfire la leadership produttiva mondiale dell’Italia, se si considera che in Francia e Spagna (gli altri due principali produttori) sono previsti rispettivamente 43 e 40 milioni di ettolitri.
Perciò, se il 2017 era stato un anno terribile tra gelate, grandinate e alluvioni che avevano drammaticamente ridotto la quantità delle uve trasportate in cantina, il 2018 ha consentito invece ai vignaioli di riscattarsi, con una produzione record che ha sfiorato i 55 milioni di ettolitri. Questo 2019 è pertanto l’anno del ritorno alla normalità.
Favorito dall’inverno caldo, la primavera a tratti fredda e piovosa e l’estate siccitosa, in alcune zone, ciò che ha finito con il rallentare la maturazione dei grappoli. E così sono scomparse da regioni come il Piemonte e la Toscana, ad esempio, le vendemmie super anticipate, fatte a cavallo di Ferragosto.
“In un mondo, come quello del vino, popolato da associazioni e sodalizi spesso in contrasto tra loro, per la prima volta uniscono le forze tre capisaldi” si può leggere in un servizio apparso sul Corriere della Sera dei primi giorni di settembre: ovvero Assoenologi, che riunisce più di 4 mila professionisti; Unione italiana Vini, con 500 aziende che rappresentano la metà del fatturato italiano del settore; Ismea, l’ente pubblico che si occupa di ricerca e di credito per le aziende agricole.
Il risultato, alla fine, è che al posto di tre dossier, al ministero dell’Agricoltura e del Turismo ne è stato presentato uno soltanto e per di più congiunto. Si tratta di una mappa che indica, regione per regione, come sarà la raccolta delle uve e cosa ci può aspettare da questa annata: se tutto il vino venisse imbottigliato ci sarebbero la bella cifra di 6,1 miliardi di bottiglie a disposizione della vendita.
Ma per l’annata 2019, è anche la qualità, oltre che la quantità, ad essere assolutamente garantita. “Al momento – spiegano Ismea, Uiv e Assoenologi – lo stato sanitario delle uve raccolte si presenta buono con rari attacchi di peronospora e oidio” (le due principali malattie della vite). Ma “i primi riscontri analitici evidenziano gradazioni alcoliche nella norma, un buon rapporto zuccheri/acidità e un quadro aromatico favorevole” come riporta un analogo servizio pubblicato da Il Sole 24 Ore lo stesso 4 settembre.
Insomma, una vendemmia un po’ meno generosa — si può leggere nel dossier presentato dalle tre associazioni — che però non preoccupa affatto i vignaioli perché sembra confermare anche per il 2019 la tendenza alla leadership mondiale dell’Italia. E la sua incontrastata tendenza ad essere il “Paese del vino” in assoluto.