Il vicepremier, Luigi Di Maio, ha ribadito l'intenzione di "avviare al più presto la revoca delle concessioni ad Autostrade per l'Italia" dopo la relazione dei periti del tribunale sul crollo del Ponte Morandi di Genova. "Ieri è uscita la relazione dei tre periti chiamati a valutare le condizioni del ponte Morandi - scrive su Facebook Di Maio - ci sono tante cose all'interno della perizia che mettono i brividi, ma una in particolare: la mancanza per 25 anni di interventi significativi di manutenzione, praticamente da quando la competenza ha smesso di essere dello Stato".
Sottolinea il vicepremier: "È inaccettabile e bisogna avviare al più presto il procedimento di revoca delle concessioni ad Autostrade per l'Italia. Il nostro compito è anche quello di fare capire, a questi signori, che il governo adesso li controlla, per impedire che il profitto prevalga sul bene collettivo. Questo - conclude - è il miglior modo per onorare le vittime della tragedia di Genova. E il governo unito su questo è la migliore risposta che possiamo dare alle loro famiglie".
A stretto giro di posta la replica di Aspi: "Va rigettata ogni accusa generalizzata di mancanza di manutenzione del Ponte Morandi: i difetti evidenziati dalla perizia non erano tali da compromettere la tenuta del ponte", scrive in una nota di Autostrade per l'Italia in risposta alle parole del vicepremier. "In merito alle affermazioni del Vice Presidente Di Maio sulla perizia depositata ieri dagli esperti incaricati dal Gip nell'ambito del primo incidente probatorio relativo al crollo del Ponte Morandi, Autostrade per l'Italia ricorda che sul Ponte Morandi nel periodo 2015/2018 (fino al 14 agosto) sono state realizzate attività di manutenzione per ben 926 giorni-cantiere, pari ad una media settimanale di 5 giorni-cantiere su 7 giorni, con un investimento di circa 9 milioni di euro. Su questo tema la perizia si limita a ricordare che sugli stralli - dopo che nel 1994 si intervenne sul sistema 11 e non, per motivazioni che dovranno essere accertate, sul sistema 10 e 9 (poi collassato) - non sono stati fatti altri interventi di manutenzione, ma risulta alla società che né nel 1994 né successivamente sia emerso alcun allarme circa lo stato di corrosione del reperto 132".
Aspi ricorda inoltre che "i propri consulenti tecnici ha no chiarito già ieri che la presenza di trefoli corrosi tra il 50% e il 100% era ridotta e non può in alcun modo aver avuto effetti sulla tenuta complessiva del Ponte. I difetti evidenziati dalla perizia, tra cui quello riscontrato sul reperto 132, erano fortemente localizzati, derivavano prevalentemente da difetti di costruzione dell'infrastruttura realizzata negli anni 60 per conto dell'Anas e non erano tali da compromettere in alcun modo la capacità portante del Ponte. Le risultanze della perizia, al contrario, evidenziano che i cavi primari non mostrano particolari segni di degrado e, come già fatto dai laboratori Empa di Zurigo e dall'Università di Pisa, tendono a confermare che non sono stati gli stralli la causa primaria del crollo. Si rigetta, dunque, in toto ogni accusa generalizzata di mancanza di manutenzione. E ci si augura che nella fase successiva si possa appurare cosa ha realmente determinato il crollo del Ponte e come mai nessuno dei sistemi e dei consulenti dedicati al monitoraggio abbiano mai evidenziato alcun rischio".