Sono batteri fotosintetici, o cianobatteri, e sarebbero in grado di produrre carburante. È tutto vero, scrive hakaimagazine.com: ogni anno questi batteri, una volta chiamati impropriamente alghe azzurre, rilasciano nell'oceano centinaia di milioni di tonnellate di idrocarburi liquidi che vengono divorati da altri organismi unicellulari prima che raggiungano la superficie, ma che di fatto sono chimicamente molto simili alla benzina diesel.
Un gruppo internazionale e multidisciplinare di ricercatori sta lavorando proprio per intervenire in questo senso e i risultati di questa ricerca potrebbero sfociare in quella che potrebbe rivelarsi la scoperta del secolo: cianobatteri che producono 'petrolio', ma non solo. Gli scienziati infatti non si fermano al carburante ma puntano anche alla produzione di plastiche biodegradabili, più in generale, un modo per creare materiali ed energia in maniera più semplice e meno opprimente nei confronti dell’ambiente.
Nonostante i cianobatteri siano tra le più abbondanti creature fotosintetiche del pianeta il lavoro non è semplice. Le ipotesi formulate dal team scientifico, basate in parte sul lavoro della biologa dell'Università di Auckland Jane Allison, è che gli alcani impediscono alle pareti cellulari dei cianobatteri di diventare grandi e rigide, il che rende difficile che le cellule si dividano quando arriva il momento di riprodursi.
Naturalmente parliamo di processi che si svolgono ad una misura talmente piccola che è praticamente impossibile osservarle attentamente, come sostiene la stessa dottoressa Allison “nemmeno con un microscopio fantastico”. Oltre ad esplorare i processi chimici di base all'interno della cellula, Allison sta anche utilizzando simulazioni al computer per verificare come i cianobatteri potrebbero essere influenzati dai cambiamenti climatici e i primi esperimenti ci dicono che solo pochi gradi Celsius di riscaldamento possono modificare le membrane cellulari dei cianobatteri, normalmente viscose e gelatinose, in uno stato quasi liquido, cosa che rischia di impedirne la riproduzione.
Viji Sitther, un biologo della Morgan State University di Baltimora, ha invece intrapreso una strada del tutto alternativa a quella del team, scegliendo di alterare geneticamente i cianobatteri con la speranza di essere più fortunato nella raccolta degli idrocarburi. “Passare a questa alternativa potenzialmente verde è un passo importante nella riduzione degli effetti ambientali dei combustibili fossili - dice Sitther - ma il processo di raccolta degli idrocarburi dai cianobatteri richiede una grande quantità di energia. Inoltre, la contaminazione con altre alghe e batteri ha ridotto la produttività. Imparare di più sulla chimica nella membrana cellulare – conclude il biologo - potrebbe portare a modi più puliti e più efficienti dal punto di vista energetico per estrarre gli alcani utili all’essere umano”.
Ma in realtà la ricerca guidata dalla dottoressa Allison va anche oltre, si spera infatti di trovare diverse altre specie di microbi che possano rivelarsi utili con la produzione di anche altri generi di idrocarburi, per questo lo studio prosegue tenendo in considerazione ogni possibile utilizzo di questa nuova biotecnologia sia in ambito scientifico che industriale.