C’è un fenomeno - non nuovo - che agita le coscienze de governi europei e dei loro governati: la fuga, progressiva, dei giovani all’estero. L’allontanamento verso altri Paesi dal proprio. Un fenomeno che preoccupa più dell’immigrazione, sia essa clandestina che regolare. Anzi, viene vissuto come “una minaccia” che si traduce in questo titolo: “La fuga dei giovani è la nuova paura”.
Secondo quanto riferisce Federico Fubini sul Corriere della Sera, “alcuni dei governi europei più ostili all’immigrazione hanno dietro di sé elettori impensieriti da un fenomeno un po’ diverso: i loro amici e i loro familiari che, anno dopo anno, gettano la spugna e vanno all’estero”. Tanto che secondo un sondaggio, ben 2 italiani su 3 vivono il loro allontanamento con terrore, come un incubo. La domanda posta è chiara: “è più l’immigrazione o l’emigrazione che li tiene svegli la notte?” L’indagine è stata condotta fra fine gennaio e fine febbraio su 46 mila europei di tredici Paesi (dei quali 5 mila italiani) da YouGov per conto dello European Council on Foreign Relations.
E i risultati fanno emergere ragioni di stress fra gli elettori “che non rispecchiano gli slogan della campagna elettorale perle europee”. In Italia, si legge, il 32% degli elettori “è più preoccupato dall’emigrazione dei connazionali”, mentre solo il 24% lo è “per l’ingresso di sempre nuovi stranieri”. In Romania, che vede ormai un quinto della popolazione all’estero, il rapporto è di 55% a 10%. In Ungheria il 39% è più impensierito dall’emigrazione dei propri figli e solo il 20% lo è dall’immigrazione: poco importa che dell’ostilità agli stranieri Fidesz, il partito al potere, “faccia ormai la propria ideologia ufficiale”. “Persino in Spagna, mal grado anni di ripresa, coloro che sono più impensieriti dalla fuga all’estero dei propri connazionali sono il doppio rispetto all’altro gruppo. E in Polonia, anch’essa guidata da un governo dagli accenti xenofobi, la dinamica è simile”.
“È come se gli elettori in Italia e altrove stessero cercando di dire ai loro politici che le linee di frattura non sono quelle fra sovranisti e liberali di cui molti parlano”, analizza Fubini che segnala anche il paradosso di un tema invisibile nel dibattito pubblico e nei talk show. “Gli stessi leader che in Europa si sono imposti promettendo di 'chiudere le frontiere' oggi si vedono chiedere dai cittadini di fare esattamente quello. Solo, per la ragione opposta: impedire ai giovani di andarsene altrove, tenerli vicino a sé”. Secondo l’analista del quotidiano “qualcosa si sta muovendo in profondità negli umori del Paese e dell’intera fascia di fragilità sociale lungo il fianco sud e orientale dell’Unione europea. Ma la politica, di governo e opposizione, per ora non sembra in grado di capirlo e non riesce a dar voce alle nuove paure dei cittadini”.
Anche perché probabilmente gli ultimi dieci anni “hanno lasciato il segno nella coscienza degli elettori” se è vero, come certifica l’Istat, che “sono 738 mila gli italiani emigrati all’estero fra il 2008 e il 2017”. Mentre secondo dati di Eurostat riportati dal Centre for European Policy Studies, “il 3,1% della popolazione italiana adulta vive e lavora altrove nel mondo”. Dati che però potrebbero essere molto più elevati, per il semplice fatto “che molti italiani non cancellano la residenza prima di espatriare e dunque non sono catturati dalle statistiche”.
Insomma, gli europei guardano alla fuga dei giovani dalle loro città e dai loro Paesi con forte preoccupazione e “vorrebbero fermarli, chiuderli dentro” e “non essere lasciati indietro in periferie urbane sempre più popolate di anziani e di appartamenti vuoti”. Aspetto, quest’ultimo, su cui si concentra la prima pagina di Libero, secondo cui “i fatti dicono che in Italia, praticamente da sempre, sono “i vecchietti” a tirare innanzi la carretta”. Infatti, “un lavoratore su tre ha più di 50 anni” e “i giovani non fanno nulla” titola il quotidiano, cosicché “il 34% della popolazione attiva ha compiuto mezzo secolo” ma “in compenso abbiamo il record di baby disoccupati (33%)”.