Dopo oltre due anni di negoziati segnati dalle polemiche per la necessità di garantire la libertà su internet e la giusta remunerazione ai titolari dei diritti autore, un lungo braccio di ferro tra opposte fazioni e una potente azione di lobbying di entrambi gli schieramenti, la direttiva europea sul Copyright nel mercato unico digitale è stata approvata a Strasburgo nel voto definitivo della plenaria del Parlamento europeo.
La direttiva intende garantire che diritti e obblighi del diritto d'autore si applichino anche online. YouTube, Facebook e Google News sono alcuni dei nomi di gestori online che saranno più direttamente interessati da questa legislazione. Uno dei principali obiettivi è fare in modo che i giganti del web condividano i loro ricavi con artisti e giornalisti. Le nuove norme dovrebbero rafforzare la possibilità per i titolari dei diritti (musicisti, artisti, interpreti e sceneggiatori e editori di notizie) di negoziare accordi migliori sulla remunerazione derivata dall'utilizzo delle loro opere presenti sulle piattaforme internet.
Un difficile compromesso
A metà febbraio il Consiglio Ue, l'istituzione che rappresenta i governi dei 28 Stati membri, aveva raggiunto un difficile compromesso sul testo giunto oggi sul tavolo degli europedutati: Italia, Olanda, Lussemburgo, Polonia e Finlandia, avevano preso le distanze dall'accordo raggiunto in Consiglio definendolo un "passo indietro per il mercato unico digitale", che avrà un impatto negativo sulla competitività". Ma il countdown si è concluso con 348 voti a favore, 274 contro e 34 astensioni.
Che il testo passasse senza problemi era probabile ma tutt'altro che certo. Un consistente gruppo di parlamentari aveva annunciato battaglia contro quella che considera “censura” su Internet. L'eurodeputata del Partito dei Pirati tedesco, Julia Reda, aveva cercato fino all'ultimo alleanze per far bocciare i due articoli più contestati del testo, l’11 e il 13 (che oggi è diventato il 17), denunciando l'imposizione di “filtri automatici” e una “tassa sui link”. Ad aver votato no anche il M5s, mentre il Pd ha sostenuto il provvedimento definendolo "una battaglia di libertà".
Nel merito del provvedimento le posizioni sono rimaste distanti fino alla fine: da una parte i militanti della libertà assoluta su Internet alleati a colossi come Google hanno organizzato campagne per bocciare il testo. Dall'altra le lobby di autori, artisti e editori hanno fatto pressioni su governi e deputati per rendere la direttiva più rigida possibile. L'accordo garantisce “diritti per gli utenti, una remunerazione giusta per gli autori, e chiarezza di regole per le piattaforme”, ha assicurato il vicepresidente della Commissione, Andrus Ansip. Con la conferma dell'intesa, “gli europei finalmente avranno regole moderne sui diritti d'autore adeguate all'era digitale con benefici reali per tutti”, ha aggiunto.
La direttiva sul Copyright, nelle intenzioni dei suoi sostenitori, dovrebbe garantire a autori, editori e creatori più potere per negoziare con i giganti di Internet affinché paghino per il lavoro che viene utilizzato dalle piattaforme. “Gli utenti non avranno la responsabilità se caricano qualcosa. Saranno le piattaforme a avere la responsabilità”, ha detto il relatore del testo, il popolare tedesco Alex Voss. “La responsabilità sarà delle piattaforme che dovranno verificare se il materiale è legale”.
Ma chi è contrario al testo fa notare che le norme sono confuse e lasciano troppo spazio alle normative nazionali per la definizione di cosa sia un sito di notizie o una piattaforma, con il rischio di avere 28 legislazioni diverse e poca tutela per i titolari di copyright più deboli.
Nessun problema per meme e Wikipedia
La direttiva prevede che una parte del materiale, come i meme o i Gif, potrà essere condiviso in modo gratuito, così come gli hyperlink agli articoli accompagnati da poche parole o estratti molto brevi. Formalmente la direttiva non impone filtri o altri meccanismi per individuare il materiale con copyright. Ma, secondo i contrari al testo, questo meccanismo incoraggerà i colossi a usare meccanismi automatici per filtrare i contenuti e a cancellare anche materiale legale perché non coperto da diritti d'autore.
Quanto ai cosiddetti “snipett” (i link con titoli o frammenti di un articolo), il testo dell'accordo è formulato in modo molto vago: gli aggregatori di notizie come Google News o Facebook dovranno far comparire solo un testo “molto breve”. Chi si oppone al provvedimento sostiene che si tratti comunque di una “tassa sui link”, che perfino Wikipedia rischia di dover pagare.
Nel testo viene specificato però che il caricamento di opere su enciclopedie online in modo non commerciale, come nel caso di Wikipedia, o su piattaforme software open source, come nel caso di GitHub, sarà automaticamente escluso dal campo di applicazione della direttiva. Le piattaforme di nuova costituzione (start-up) saranno soggette a obblighi più leggeri rispetto a quelle consolidate purché abbiano meno di 5 milioni di utenti unici al mese e meno di 10 milioni di fatturato l'anno. Le restrizioni del diritto d'autore inoltre non si applicheranno ai contenuti utilizzati per l'insegnamento e la ricerca scientifica.
La parola ai governi
"Questo accordo è un passo importante per correggere una situazione che ha permesso a poche aziende di guadagnare ingenti somme di denaro senza remunerare adeguatamente le migliaia di creativi e giornalisti da cui dipendono", ha dichiarato Voss. Per essere adottato definitivamente, il testo della direttiva ora deve essere approvato a maggioranza qualificata dai governi dell'Ue. In un voto a febbraio, il voto negativo di Italia, Olanda, Lussemburgo, Polonia e Finlandia non era bastato per formare una minoranza di blocco.