Ancora una giornata difficile per il Campidoglio targato Cinque Stelle. Dopo l'arresto del presidente dell'Assemblea capitolina Marcello De Vito, che, pur dicendosi sereno e dispiaciuto per quanto accaduto, si è avvalso della facoltà di non rispondere al gip nell'interrogatorio di garanzia riservandosi di farlo al più presto, anche l'assessore allo Sport Daniele Frongia risulta indagato dalla procura per corruzione nell'ambito dell'inchiesta sullo stadio della Roma e ha rimesso la delega nelle mani del sindaco.
Una vicenda, quella che chiama in causa Frongia, distinta dagli ultimi sviluppi giudiziari culminati con gli arresti di ieri. A fare il nome del fedelissimo di Virginia Raggi è stato l'imprenditore Luca Parnasi che agli inquirenti ha raccontato mesi fa di essersi rivolto a Frongia, nella veste di vicesindaco, affinché gli segnalasse qualcuno da assumere in una delle sue società.
L'esponente grillino gli indicò il nominativo di una donna ma l'assunzione non andò in porto perché poi, nel giugno del 2018, scattarono gli arresti e lo stesso Parnasi finì in carcere con l'accusa di associazione per delinquere e corruzione.
La nuova giornata di passione fa vacillare per ore la giunta M5s, tanto che nel pomeriggio si sono sparse voci su presunte dimissioni del sindaco, voci subito smentite dal suo stesso staff. "La posizione del nostro assistito sarà definita a breve con una richiesta di archiviazione", specificano i legali di Frongia. Cui è seguita però la decisione dello stesso Frongia di autosospendersi dal M5s e di rimettere la delega di assessore.
Ma le due indagini appannano ancora una volta, quantomeno al livello di impatto mediatico, la parola chiave: "onestà", al grido della quale il Movimento nel 2016 ha conquistato il Campidoglio sull'onda dello sdegno popolare suscitato dall'inchiesta Mafia Capitale. L'M5s vuole evitare il rischio che la Raggi possa cadere prima delle elezioni per il Parlamento europeo di fine maggio, perché la circostanza potrebbe avere effetti deleteri sul voto.
A tenere al suo posto la giunta, per ora, lavora anche la scelta attendista delle opposizioni. Ieri solo il sindaco di Parma, l'ex pentastellato Federico Pizzarotti, ora leader di Italia in Comune, ha chiesto apertamente le dimissioni della Raggi. Nei partiti di opposizione in Campidoglio, dal Pd al centrodestra, qualche esponente si spinge a ipotizzare un passo indietro della giunta ma le critiche alla Raggi per ora si concentrano di più nel merito del suo mandato. E lo stesso ha fatto l'unico esponente della Lega, che con i 5 Stelle è al governo nazionale, in Assemblea capitolina.
La prudenza delle opposizioni appare dettata soprattutto dall'assenza di alternative immediatamente spendibili in una ipotetica campagna elettorale per il Campidoglio. Perché negli ultimi anni prima Pd e centrodestra con Mafia Capitale, ora i 5 Stelle con le indagini sullo stadio, hanno visto la loro classe dirigente locale flagellata da arresti, indagini e in alcuni casi condanne.
Al momento i 5 Stelle non hanno sciolto il dilemma su una eventuale possibilità di ricandidatura della Raggi, che è al secondo mandato a Palazzo Senatorio (tra ruolo di consigliere e quello di sindaco), tra i nomi che si fanno per una eventuale futura corsa in Campidoglio il più accreditato è quello del parlamentare romano Francesco Silvestri, seguito dalla presidente del Municipio VII Monica Lozzi.
Il Pd romano sconta ancora le divisioni interne dopo la traumatica fine dell'esperienza di Ignazio Marino nel 2015, defenestrato da una parte del suo stesso partito. Tra i nomi ricorrenti si fanno tra i Dem romani come ipotetici candidati i desiderata sono l'ex ministro Carlo Calenda, l'ex premier Paolo Gentiloni e l'europarlamentare Enrico Gasbarra.
Il centrodestra, che allora correva diviso, ha visto nel 2016 Giorgia Meloni arrivare terza con il 20,6% dei voti e il profilo della leader di Fratelli d'Italia viene spesso evocato da più voci per Palazzo Senatorio.
A novembre, quando la Raggi ha vacillato per alcune settimane in attesa della sentenza del processo per falso in cui è stata assolta, si è parlato molto di una possibile Opa di Matteo Salvini sul Campidoglio. Il nome più accreditato in quel momento come possibile candidata leghista era quello del ministro Giulia Bongiorno. Ma la Lega a Roma deve fare i conti con una organizzazione territoriale ancora minima e di fatto vede i suoi quadri composti in buona parte da ex esponenti dell'esperienza in Comune di Gianni Alemanno.