Marcello De Vito avrebbe voluto incassare subito la quota di denaro a lui spettante e proveniente dalle erogazioni del gruppo Toti e dall'immobiliarista Statuto. Soldi che finivano alla società Mdl, il cui titolare di fatto era l'avvocato Camillo Mezzacapo.
In una intercettazione telefonica, riportata nell'ordinanza del gip Maria Paola Tomaselli, l'esponente grillino, presidente dell'Assemblea capitolina dice "va beh, ma distribuiamoceli questi", e Mezzacapo, convincendolo ad aspettare fino al termine del suo mandato elettorale, replica: "ma adesso non mi far toccare niente, lasciali lì... a fine man... quando tu finisci il mandato, io ci... se vuoi non ci mettiamo altro sopra se vuoi, eh. La chiudiamo, la distribuiamo, liquidi e sparisce tutta la proprietà, non c'è più niente e allora però questo lo devi fa' quando hai finito quella cosa".
Per il gip, questa conversazione è "illuminante" perché chiarisce "in modo inequivocabile il patto scellerato che lega De Vito a Mezzacapo, dando chiara dimostrazione di come le somme confluite nella società Mdl, formalmente riconducibili solo al secondo, siano invece anche del pubblico ufficiale che appare, peraltro, impaziente di entrarne in possesso". Un 'format riuscito' fino ad oggi, spiega il giudice, "grazie alla 'congiunzione astrale' e alla spregiudicatezza di chi ritiene, solo perché dotato di astratte credenziali sociali e/o professionali, di potersi muovere liberamente e impunemente in ambiti criminali".