Imane Fadil, 33 anni, teste chiave della procura nei processi Ruby, è morta il primo marzo scorso dopo un calvario durato un mese. Ma si è saputo solo oggi. A darne notizia è stato il procuratore Francesco Greco, che ha comunicato anche l'apertura di una indagine. Prima di morire, Fadil ha confidato a chi le stava vicino di temere di essere stata avvelenata.
Nell'ambito dell'inchiesta sulla morte di Imane, avviata con l'ipotesi di reato di omicidio, la Procura sta proprio verificando l'ipotesi che la giovane modella marocchina sia stata avvelenata.
Ricoverata all'ospedale 'Humanitas' il 29 gennaio scorso, la teste chiave dei processi Ruby e già parte civile nel processo Ruby bis è morta il primo marzo scorso dopo quello che il procuratore Greco ha definito "un calvario".
Nella cartella clinica, ha detto Greco, "c'erano diverse anomalie". Anche per questo, è stata disposta un'autopsia e il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, che rappresenta l'accusa nel processo Ruby ter, ha aperto un'indagine nell'ambito della quale sono già stati sentiti diversi testimoni.
"Nessuna ipotesi può essere esclusa", ha spiegato il procuratore Francesco Greco. Nei giorni scorsi, la Procura ha anche disposto il sequestro dei campioni di sangue prelevati durante il ricovero. Stando a quanto riferito dal magistrato, Imane, che viveva a Milano col compagno, è stata ricoverata dapprima in terapia intensiva e poi trasferita in Rianimazione.
Lamentava forti dolori al ventre, gonfiore addominali e altri sintomi "che possono essere compatibili anche con altre patologie". Tuttavia, ha precisato Greco, "non è stata individuata con certezza dai medici nessuna patologia a cui ricondurre il decesso".
Nei prossimi giorni sarà eseguita l'auotopsia. "Speriamo che la scienza sia in grado di dirci com'è morta", si è augurato il procuratore il quale ha inoltre riferito che la donna "non aveva fatto viaggi in Paesi esotici negli ultimi due mesi"