"Sono tornato a vedere cosa c'era nelle valigie: le ho aperte, aiutandomi con la carta per non lasciare impronte: in una c'era della carne e quando ho aperto l'altra ho visto una mano e ho avuto paura". È il raccapricciante racconto di Patrick Tchomchoue, camerunense, tassista abusivo, davanti alla corte d'assise di Macerata, dove è stato ascoltato come teste nella terza udienza del processo a Innocent Oseghale, accusato di aver ucciso e fatto a pezzi, il 30 gennaio dello scorso anno, la 18enne romana Pamela Mastropietro.
È stato il tassista ad accompagnare in auto il nigeriano fino a Casette Verdini, nella zona industriale di Pollenza: era la notte del 30 gennaio e, in quelle due valigie, c'era il corpo di Pamela fatto a pezzi.
Durante il tragitto, Oseghale "ha parlato due volte al telefono", ha raccontato il testimone: "La prima volta era la moglie, la seconda un'altra persona", della quale il tassista ignora le generalità. Una volta a Casette Verdini, il nigeriano "ha appoggiato le valigie, senza gettarle via". Un gesto che ha incuriosito il tassista abusivo, il quale, dopo aver riaccompagnato l'unico imputato del delitto a Macerata, è tornato indietro per controllare il contenuto delle due valigie.
Del macabro ritrovamento, una volta a casa, il tassista ha parlato con la moglie: "Era tardi e lei mi consigliò di denunciare il fatto in questura il giorno dopo". Patrick lo fece, ma solo "in tarda mattinata" perché aveva un impegno a Roma. Dopo la testimonianza, il camerunense ha lasciato il tribunale di corsa per evitare le domande dei giornalisti.