Quel ritornello vorrebbe che a 30 anni, oramai, si sia indirizzati su una strada definita e si siano prese le decisioni più importanti della vita. Ai trent’anni, invece, il World Wide Web ci è arrivato un po’ scombussolato, con tante cose da aggiustare: un web più umano, verrebbe da dire proseguendo nella metafora della vita. I difetti però non piacciono nemmeno al suo papà, Tim Berners-Lee, che anzi ne è molto preoccupato. Alle celebrazioni per il terzo anniversario tondo, non ha lesinato le critiche: il suo fanciullo ha tanti aspetti che devono essere rimessi a posto.
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Il 12 marzo del 1989, sulla scrivania di Mike Sendall al Cern di Ginevra, arrivò un plico di fogli: glieli aveva portati l’ingegnere informatico Berners-Lee, all’epoca 33enne. Erano la sua proposta di sistema di gestione delle informazioni contenute su computer diversi.
Tre decenni più tardi Tim è tornato in Svizzera con un appello per salvare il World Wide Web: “Ci vogliono persone che studino la matematica, che misurino e controllino come le persone interagiscono”.
La sua paura, oggi, è che il web possa incappare in una “rivoluzione sociale” che ne stravolga il senso originario: “Il sistema finanziario un giorno funziona bene e quello successivo va in crash – il paragone usato dal 63enne londinese - La mia preoccupazione è che possa accadere anche al web”. Le parole d’ordine sono “decentralizzare il web”, “privacy” e “controllo dei dati”. Trovare cioè il modo per liberare questo strumento di condivisione dalle mani che sembrano essersene impadronite, i giganti tecnologici che oggi la fanno da padrone.
Dal palco del Cern di Ginevra Tim Berners-Lee ha rilanciato la sfida al web, ribadendo che la partita oggi si gioca sul possesso delle informazioni: occorre “un cambiamento” indirizzato a “separare le app dai dati”, un passo “non molto difficile da un punto di vista tecnologico ma che rappresenta un’enorme rivoluzione sociale”.
I progetti su cui sta lavorando il fondatore del web sono due. Il primo si chiama Solid ed è un progetto di web decentralizzato attualmente in fase di sviluppo al Mit di Boston. “Gli utenti devono avere la libertà di scegliere dove vengano conservati i propri dati e chi ne abbia accesso”, si legge sul sito internet.
Il secondo è il Contratto per il web presentato al Web Summit di Lisbona lo scorso anno: “Governi, grandi aziende e gli stessi individui devono capire che devono fare delle cose per aggiustare il web, diventare responsabili”. I principi del contratto ci sono e impegnano i cittadini a un discorso civile e le aziende a rispettare la privacy e i dati personali dei consumatori e ad agire per il meglio per l’umanità contrastando il peggio.
Ora è giunto il momento di “sedersi in gruppi di lavoro e parlare, capire di che cosa si tratta nel concreto” per trovare “il giusto bilanciamento tra lasciar lavorare le grandi aziende e regolamentarle” e individuare il confine tra “libertà di espressione e discorso d’odio”, ha spiegato Berners-Lee. In prima fila, anche questa volta, ci sarà lui: “Voglio essere coinvolto nelle discussioni”, ha chiarito nel suo intervento di Ginevra. Se si tratta di realizzare il piano di salvataggio del web, il suo fondatore non vede alternativa: “Devo farlo”.
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