“I telecomandi per l’attentato di Via D’Amelio li avevo io e da me venne Antonino Gioè che voleva questi telecomandi. Erano quelli delle macchine radiocomandate ed erano ancora nelle scatole nuove. Venne lui, Gioè, si è preso questi telecomandi e li ha dati ai fratelli Graviano. Io l’ho detto 25 anni fa, il regista era sempre Riina che mise in mezzo altri rispetto alla strage di Capaci”.
A parlare all'AGI è Santino Di Matteo, collaboratore di Giustizia che fu determinante per svelare il piano della mafia sulla strage di Capaci che spezzò la vita al Giudice Giovanni Falcone, a sua moglie Francesca Morvillo ed agli agenti di scorta Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonino Montinaro.
Scarantino non era credibile, non sapeva nulla. Era un ladro di galline
Santino Di Matteo oggi testimonierà nel processo “depistaggio” del Tribunale di Caltanissetta, in cui sono imputati l'ex ispettore di polizia Fabrizio Mattei, ora in pensione, Mario Bo, ex funzionario e oggi dirigente della polizia a Gorizia e Michele Ribaudo, agente di polizia, che nel '92, dopo le stragi di Capaci e via d'Amelio, fecero parte del cosiddetto gruppo investigativo "Falcone Borsellino" come stretti collaboratori di Arnaldo La Barbera.
Il collaboratore di Giustizia Di Matteo fu il primo a fare il confronto con il falso pentito Vincenzo Scarantino e lui non aveva dubbi già 25 anni fa “Scarantino non era credibile, non sapeva nulla. Era un ladro di galline”. “Dietro la strage di Via D’Amelio c’è stata una grande confusione, qualcuno dice che ci siano i servizi, io so solo che come si è fatto il processo di Falcone si poteva fare quello di Borsellino. Invece – dice Di Matteo - qualcuno non ha voluto. Ci stanno un sacco di cose che non funzionano, come l’agenda. Chi l’ha presa? Qualcuno che era lì”.
Le rivelazioni di Di Matteo costarono la vita al figlio Giuseppe, rapito e poi ucciso e sciolto nell’acido da cosa nostra. “Non mi sono mai pentito delle dichiarazioni. Io lo avrei fatto anche altre cento volte. Quando uno collabora con lo Stato – afferma il collaboratore -, come me che vengo da una famiglia mafiosa da sempre, non si ritratta mai: avrei perso tutto. Giuseppe li conosceva benissimo, uno per uno. Giuseppe gli disse, infatti: ‘siete un pugno di buffoni, burattini. Siete un pugno di cornuti, ve la prendete con me che ho 12 anni, perché non ve la prendete con quelli come voi?’.
Giuseppe li aveva riconosciuto tutti, non lo avrebbero mai fatto tornare a casa. Ma voglio dirlo: Giuseppe è vero, è morto, ma loro hanno finito
Giuseppe non ne poteva più, un giorno gli davano da mangiare, un giorno no. E addirittura uno di loro è libero. Giuseppe gli disse: ‘io ti conosco, tu sei Montalbano’. Così come aveva riconosciuto i Brusca. Giuseppe li aveva riconosciuto tutti, non lo avrebbero mai fatto tornare a casa. Ma voglio dirlo: Giuseppe è vero, è morto, ma loro hanno finito. Come dissi a Bagarella loro la pagheranno fino all’ultimo centesimo, usciranno morti dal carcere.
Giuseppe è morto realmente da uomo d’onore, ma l’onore vero, non il loro. Giuseppe era un ragazzino allegro, voleva fare il veterinario da grande, amava gli animali, era bravissimo ad andare a cavallo. Io ricordo mio figlio ogni giorno, ogni sera parliamo e gli chiedo scusa ma lui mi rassicura: “non ti preoccupare papà. Sono con te”.
Messina Denaro paga per stare in una famiglia lì, nella zona sua o comunque in Sicilia. Voglio anche dirlo, però, una latitanza come la sua non può durare per tutti questi anni, non ha solo la mafia che lo copre.
Sull’ultimo grande latitante di mafia, Santino Di Matteo non ha dubbi: “Sono certo che Messina Denaro lo abbiano molto vicino. Sono convinto che Matteo sia nella sua zona. Come quando arrestarono a Virga, lo trovarono in una famiglia. Io ne sono certo: Messina Denaro paga per stare in una famiglia lì, nella zona sua o comunque in Sicilia. Voglio anche dirlo, però, una latitanza come la sua non può durare per tutti questi anni, non ha solo la mafia che lo copre. Non sta a me capire, sono fiducioso nel lavoro delle forze dell’Ordine ma – conclude Di Matteo - non è coperto solo dai mafiosi”.