"Sono stato trattato come un 'no vax' per la mia scheda sul signoraggio bancario e questo mi dispiace parecchio. Che fosse materiale controverso l’avevo annunciato già in conferenza stampa. E comunque era un editoriale, un mio punto di vista, e non era no euro. 'Povera Patria' non ha intenzione di sparare verità nel cielo e non pretende che tutti siano d’accordo. Tant’è che nella prossima puntata continueremo a parlare di questo tema, invitando in trasmissione chi la pensa diversamente". Così il giornalista Alessandro Giuli commenta con l’Agi la bufera social che si è abbattuta sulle sue teorie esposte ieri nell’editoriale andato in onda nella puntata d’esordio di 'Povera Patria', il programma condotto da Annalisa Bruchi nella seconda serata di Raidue.
Le critiche su Twitter
"Su che libri avete studiato?" è uno dei tweet più gentili che gli sono stati inviati. A trainare la protesta collettiva due nomi come Mario Seminerio, gestori di fondi e creatore di Phastidio, un blog a tema economico molto seguito ("Questa è la condizione in cui è ridotta la Rai, oggi. Una discarica di fake news, con pagamento del canone in bolletta") e Riccardo Puglisi, professore associato di economia all'Università di Pavia ("Su quali libri di testo e articoli di economia vi siete basati per questo orrore?"). Non è neanche escluso, fa sapere Giuli, che siano invitati proprio loro nella seconda puntata. "A patto che la smettano con i toni forti, perché noi di 'Povera Patria' teniamo molto al confronto civile.
L'editoriale di Giuli
L’editoriale di Giuli, ricordando che "l’Italia è una delle nazioni più ricche al mondo eppure ha un debito pubblico di oltre 2.300 miliardi di euro", spiegava così la contraddizione: "Al di là di sprechi, ruberie e spese allegre una risposta sta nella parola signoraggio, il guadagno del signore che stampa la nostra moneta", ripercorrendo la sua storia in Italia e suddividendola in tre fasi. La prima, fino al 1981, quella in cui "il signore è lo Stato e attraverso la banca centrale che è di sua proprietà stampa moneta e la presta a se stesso per offrire servizi e costruire ponti, gallerie e strade".
La seconda fase, quella scattata nel 1981 quando Ciampi e Andreatta "liberano la Banca d'Italia dall'obbligo di acquistare titoli invenduti" e la banca centrale diventa così «un istituto privato» che continua a prestare soldi allo Stato con tanto di interessi. "Il signoraggio diventa così un lievito del nostro debito pubblico", ha detto Giuli, spiegando quindi la terza e ultima fase, quella della moneta unica: "L'adozione dell'euro e la nascita della Bce completano l’espropriazione", spiega.
Le parti messe in discussione dagli economisti
A Giuli è stato rimproverato soprattutto di non aver mai citato in alcun passaggio il tema dell’inflazione, di aver omesso che nel 1981, quando avvenne il divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro, l'inflazione (già alta a livello mondiale) viaggiava intorno al 18%. "Non ne ho parlato perché è su questo punto ci sono molte scuole di pensiero. A un certo punto si è anche teorizzato che l’inflazione al 18 per cento dipendesse da ragioni petrolifere", spiega Giuli all'Agi, ricordando anche che il ministro per gli Affari europei Paolo Savona, ospite in studio, non ha battuto ciglio sul suo editoriale. "Forse chi ha sparato tweet al veleno contro di noi non ha guardato bene la trasmissione.
Per approfondire: Perché il servizio di Povera patria sul signoraggio ha fatto tanto rumore
La mia non era un’operazione nostalgia. Alla fine del servizio, davanti a Savona io ho detto: 'Non si torna indietro, il nostro punto di vista deve diventare europeo'. Ho invocato una maggior coesione europea che interagisca con il potere monetario. Non era un editoriale no euro e comunque la mia era anche la posizione di Ciampi e non di Farage".
Un errore comunque lo ammette: trattando il tema della moneta unica "ho parlato di esproprio. Magari avrei dovuto usare un termine meno forte. Ma il fatto, sicuramente c’è stato". La trasmissione, in termini di ascolti, ha raddoppiato lo share (5,9 per cento) rispetto allo scorso anno quando si chiamava 'Night tabloid': "Lo scudo più bello è il risultato di di share. 'Povera Patria' è un programma pluralista, con una storia e temi in movimento. Torneremo a parlare di signoraggio in varie puntate e non è detto che alla fine sia la mia tesi a risultare quella prevalente". E l’editoriale della prossima puntata? "Posso solo dire che resterò in Europa".