Quella di Open, il giornale fondato da Enrico Mentana, è una maratona, molto social, che è iniziata poco più di cinque mesi fa. Una maratona fatta di annunci e curricula, post e volti, commenti e foto. Ora, a una settimana dal Natale, centotrenta giorni dopo il primo annuncio, il progetto diventa reale. Ci sono i nomi dei ragazzi che sono stati selezionati e assunti, ci sono i maestri che ne seguiranno il percorso, ci sono i profili social dedicati e, finalmente, c’è anche il sito online e l’app tramite cui si potrà, finalmente, leggerne i contenuti.
Sogno di una giornata di mezz’estate
Il viaggio di Open è partito dalla volontà del direttore del telegiornale di La7 di restituire qualcosa a quel mestiere che gli ha conferito successi e soddisfazioni. E dalla considerazione, in fondo molto semplice, di essere un privilegiato e di dover, per questo, fare i conti con la propria coscienza: "La generazione degli anni '50 e '60" ha potuto realizzare il sogno di fare i giornalisti, quel che è ormai precluso anche ai più bravi tra i giovani di oggi”. Quel post, ad oggi, è stato commentato più di 11 mila volte e condiviso poco meno di 19 mila volte, ottenendo più di 165 mila reactions. Una bomba, a tutti gli effetti, lanciata da una figura già molto nota online, una figura che si era meritato visibilità grazie all’uso e diretto schietto dei profili. Mentana, almeno prima di Open, era considerato il vero “blastatore” dei leoni da tastiera.
La casella di posta intasata
Quella bomba ha aperto però le porte della speranza a migliaia di giovani giornalisti. Ragazzi che hanno aperto il computer, aggiornato il curriculum, e mandato la loro candidatura per questa nuova avventura. Tanti, troppi. Più di mille in 24 ore, più di quindicimila alla fine della selezione. “Sono solo un giornalista che vuol fare qualcosa di utile, non il ministro del lavoro” scriverà Mentana il giorno dopo quel primo messaggio di avvio del progetto. Qualche settimana dopo metterà nero su bianco anche le competenze di chi avrebbe fatto parte del giornale.
Una scrematura forte ma necessaria: “Dovrete saper trasmettere in diretta, filmare, fotografare, conoscere i principi dell’impaginazione online. E perché no anche avere nozioni di grafica e linguaggio web. Se pensate che siano “un mucchio di cose” (si leggono commenti anche peggiori) allora avete poca familiarità con il mestiere odierno del giornalista”. Anche il limite d’età, 33 anni, era più un’indicazione che un vincolo visto che diversi candidati approdati alla selezione finale superano quella quota.
Da allora la selezione è stata dura e senza polemiche. Quelli che ci hanno provato, come ha sottolineato il sito satirico Lercio, sono ben raffiguranti qui:
Alla fine però i nomi dei redattori di Open sono arrivati, così come la loro età, la loro specializzazione e almeno un tratto fondamentale della loro esperienza nel mondo del giornalismo digitale. Da Francesco Seghezzi, ricercatore ed esperto del mercato del lavoro a Giada Ferraglioni, che si occuperà di tematiche di genere, musica e letteratura; da Cecilia Greco, digital producer e storyteller, a Cristin Cappelletti, un recente passato ad Ankara e punto di riferimento per il Medio Oriente; dai film-maker e producer Felice Florio ed Henry Albert, a Olga Bibus, nata al confine tra Russia ed Ucraina, che farà parte della redazione esteri. (Trovate tutti i nomi sui profili social del progetto).
I capi
La giovane redazione di Open non sarà seguita direttamente da Enrico Mentana, che ha ribadito quanto il nuovo giornale non scalfirà di un centimetro i suoi impegni con La7, ma da alcuni giornalisti, questi sì con grande esperienza, che detteranno le linee guida del progetto. Massimo Corcione, già vice direttore di Mentana ai tempi del TG5, assumerà l’incarico di direttore responsabile e avrà accanto Serena Danna, vice-direttore, e Sara Menafra, responsabile della sede romana. Ruolo fondamentale lo avrà anche David Puente, uno tra i più importanti debunker e cacciatori di bufale in Italia. La parte tecnica di sviluppo è stata invece affidata a D-Share, azienda guidata da Alessandro Vento.
Il nome e la questione economica
È stato ufficialmente reso noto alla fine di ottobre con l’annuncio dell’assunzione dei venti praticanti. In quell’occasione, Mentana ha anche specificato che la società editrice “sarà una srl a impresa sociale, di cui sono socio al 99%, senza fini di lucro”. Lo stesso Mentana, infatti, sarà anche il garante economico dell’intera operazione. Questo significa che, se le entrate pubblicitarie dovessero essere inferiori ai costi, sarà lo stesso direttore, a ripianare i debiti. Tutti i guadagni, invece, “saranno tutti reinvestiti, con nuove assunzioni”. La raccolta pubblicitaria, infine, verrà sostenuta da una delle concessionarie di Urbano Cairo, editore di La7.
Come sarà Open (e quali risultati vorrà ottenere)
In quel post autunnale, Mentana aveva anche specificato le caratteristiche avrebbe avuto il suo giornale. “L'obiettivo sarà offrire uno strumento per tutti, anche per chi ha abbandonato o non ha ancora preso la buona abitudine di informarsi con continuità, e soprattutto per quelle nuove generazioni quasi sempre snobbate e ignorate dal sistema Italia. Sarà aperto al nuovo, aperto a tutte le idee, aperto a tutti i contributi.”
L’obiettivo generale è molto ambizioso: portare sul sito e sull’app di Open almeno un milione di lettori, ogni singolo giorno. Trenta milioni al mese. Un traguardo che verrà alimentato anche dalla potenza di fuoco dei profili social del suo fondatore che, solo su Facebook, può vantare un pubblico di poco superiore a questa cifra. Tutto è pronto, quindi, per una delle più lunghe e complesse maratone, forse la più lunga e complessa, che Mentana abbia deciso di intraprendere. Ma per fortuna, come si sa, su queste distanze si è già molto allenato.