Cosa nostra, dopo anni, aveva ricostruito la storica Cupola. È quanto è emerso da un’indagine della Dda di Palermo che ha portato al fermo di 46 persone, fra boss e gregari, tra cui il nuovo capo della commissione provinciale, l'ottantenne Settimo Mineo, capo del mandamento di Pagliarelli. Ufficialmente gioielliere con negozio in centro, è il più anziano fra i boss della mafia siciliana è stato arrestato dai carabinieri del comando provinciale. Le accuse per gli indagati sono di associazione mafiosa, estorsione aggravata, intestazione fittizia di beni, porto abusivo di armi, danneggiamento a mezzo incendio, concorso esterno in associazione mafiosa.
La vecchia guardia per la nuova mafia
Settimo Mineo, 80 anni, - lo "zio Settimo" - incoronato capo della commissione provinciale di Palermo, tra i 46 fermati di oggi nell'operazione dei carabinieri 'Cupola 2.0, è ritenuto l'erede di Totò Riina, morto un anno fa. Quel posto di capo dei capi era vacante, infatti, dal 17 novembre 2017. Mineo, boss del mandamento di Pagliarelli, con un negozio di gioielleria nel centro storico di Palermo, è stato designato capo della Cupola palermitana (e successore di Riina) il 29 maggio scorso, sei mesi e 12 giorni dopo la morte del padrino corleonese.
La commissione provinciale di Cosa nostra non si riuniva formalmente dal 15 gennaio 1993, giorno in cui il Capitano Ultimo mise fine alla lunga latitanza di Riina. Mineo è il più anziano fra i boss della mafia siciliana. Stimato da Riina, nel 1982 era scampato a un agguato in cui morì il fratello Giuseppe, dopo che già un altro fratello, Antonino, era stato assassinato sei prima prima. Nel 1984, al giudice Falcone che lo interrogava dopo l'arresto, lo "zio Settimo" rispose: "Non so di che parla, cado dalle nuvole". Fu poi condannato a 5 anni al maxi-processo e, riarrestato nel 2006, era tornato libero dopo una condanna a 11 anni.
Carismatico e con doti di mediazione, l'anziano boss di Pagliarelli non usava telefonini per il timore di essere intercettato e si muoveva a piedi, anche per andare a trovare altri capi famiglia. In una Cosa nostra stordita dai numerosi arresti e alla ricerca di un riferimento saldo, Mineo è apparso come una opportunità affidabile. Una scalata a portata dell'ottantenne chiamato a mediare tra vecchie e nuove leve, ma presto interrotta dalla Direzione distrettuale antimafia guidata da Francesco Lo Voi
Le accuse
I 46 fermati per ordine della Direzione distrettuale antimafia di Palermo sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni consumate e tentate, con l'aggravante di avere favorito l'associazione mafiosa Cosa nostra, fittizia intestazione di beni aggravata, porto abusivo di armi comuni da sparo, danneggiamento a mezzo incendio, concorso esterno in associazione mafiosa. Si tratta del risultato di quattro distinti procedimenti penali.
Le indagini, coordinate da un pool di magistrati composto dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Maurizio Agnello, Francesca Mazzocco, Amelia Luise, Dario Scaletta, Gaspare Spedale e Bruno Brucoli, hanno consentito di cogliere in presa diretta la fase di riorganizzazione in atto all'interno di Cosa Nostra e di documentare la ricostituzione della nuova commissione provinciale di Palermo, che per anni non si era più riunita, segno che si era tornati alla gestione unitaria di un tempo.
"Quarantanove mafiosi, colpevoli di estorsioni, incendi e aggressioni, sono stati arrestati poche ore fa dai carabinieri in provincia di Palermo": ad affermarlo è il ministro dell'Interno Matteo Salvini, commentando il maxi-blitz contro Cosa nostra. "Le buone notizie non finiscono qui", aggiunge il titolare della Farnesina, "altri 15 mafiosi nigeriani sono stati arrestati a Torino dalla polizia, che poi ha ammanettato altri 8 spacciatori (titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari e clandestini) a Bolzano. Grazie alle forze dell'ordine! La giornata comincia bene!".
Non si è fatto attendere nemmeno il commento di Luigi Di Maio che su Facebook plaude al blitz. "46 arresti e uno in particolare, quello di Settimo Mineo, rappresentano uno dei più duri colpi inflitti dallo Stato alla mafia. Mineo era stato infatti eletto 'erede' di Totò Riina dopo la sua morte. Per questa gentaglia in Italia non c'è più spazio. Grazie ai carabinieri e al pool di magistrati che hanno portato a termine questa grande operazione".