Il sistema dell'informazione soffre per crescita di volume di contenuti falsi, oggi mediamente più alto rispetto al passato: ha raggiunto il livello massimo in corrispondenza del nuovo ciclo politico. Più del 57% della produzione di contenuti falsi riguarda argomenti di politica e cronaca, circa il 20% argomenti di carattere scientifico. Lo dice il Rapporto “News vs. fake nel sistema dell’informazione” che l'Autorità garante delle comunicazioni ha presentato in occasione del confronto organizzato dalla stessa Agcom presso la sede della Federazione nazionale della stampa. Si tratta del quinto appuntamento del Ventennale dell’Agcom organizzato dal commissario Mario Morcellini.
Un’indagine basata su nuove metodologie
Il Rapporto costituisce un primo esito dell’indagine conoscitiva su piattaforme digitali e sistema dell’informazione. Lo studio si fonda sui risultati emersi dall’impiego di una metodologia innovativa, che si avvale di un'enorme mole di dati provenienti da dataset relativi a diverse componenti dei sistemi dell’informazione: testate, fonti di disinformazione, giornalisti e cittadini/fruitori di notizie. Il rapporto parte dall’analisi statica e dinamica dell’informazione e della disinformazione prodotta in Italia, per poi porre l’accento sulle modalità di trattazione e diffusione delle notizie reali e false, nonché sui meccanismi di propagazione dei contenuti informativi, specie quelli fake, sulle piattaforme online.
Si tratta di tematiche che presentano un forte impatto emotivo, possono risultare divisive e spesso, come nel caso delle notizie su scienza e tecnologia, non vengono trattate adeguatamente dal sistema informativo tradizionale.
Un cambiamento raccontato poco e male
“Oggi purtroppo nessun bene è garantito, bisogna guadagnarsi credibilità e autorevolezza nel lavoro quotidiano, ispirandosi ai valori del passato, ma parlando con i linguaggi degli utenti comprese le cosiddette periferie sociali”, ha sottolineato Morcellini, “è fondamentale far capire all’opinione pubblica e ai giornalisti che l’informazione è uno dei beni difesi dall’Autorità. Il cambiamento che il Paese ha avuto è stato troppo accelerato e insufficientemente raccontato, sia dai sociologi e dagli studiosi che dagli stessi giornalisti”.
“Il giornalismo”, ha aggiunto, “significa far compagnia alle persone nel processo del cambiamento, mettere in campo testi, sostegni e soprattutto dati, che mancano particolarmente, che aiutino le persone a rendere meno amaro e compulsivo il processo del cambiamento. Questo lavoro - ha concluso - il giornalismo non sempre è in grado di farlo perché ovviamente la preparazione è stata per una stagione diversa”.
Ma c’è ancora fame di buon giornalismo
“Nelle aziende c’è grande fame di giornalismo, c’è bisogno di raccontare delle storie e avere a disposizione chi le sappia raccontare. Questa è un’opportunità molto sfruttata all’estero e ancora poco in Italia. Ne sono esempio il New York Times che ha creato il T Brand Studio e la Bbc con il Bbc Storyworks, laboratorio di sviluppo di branded content”, ha detto Marco Bardazzi, direttore della Comunicazione Esterna Eni.
“Noi all’interno del gruppo Eni, ci stiamo provando con Agi, dove abbiamo rafforzato tutto ciò che riguarda la produzione giornalistica, dandogli una nuova anima e forza”, ha proseguito Bardazzi, “Penso ad esempio al lavoro che stanno facendo sul fact-checking, ma allo stesso tempo si stanno cercando altre forme di ricavo, parola che secondo me non deve essere vietata all’interno delle redazioni. Perché sono anche quei ricavi che permetteranno sempre di più di garantire la libertà di cui il giornalismo ha bisogno”. Secondo Bardazzi “saper raccontare le storie è un vantaggio competitivo che i giornalisti hanno e bisogna cercare di sfruttarlo. C’è - ha concluso - un mondo da esplorare. È chiaro che bisogna scrivere bene le regole del gioco per mantenere la differenza tra chi fa giornalismo e chi utilizza gli strumenti del giornalismo per fare un racconto che è a pagamento”.