Fulvio Ceccanti aveva 63 anni. Pisano, si godeva la pensione e la passione di una vita, la caccia, che praticava con un amico. Lo stesso amico che, sparati tre colpi contro un cinghiale appena stanato, lo ha centrato per errore alla testa. A Guidonia, pochi giorni prima, era toccato a un altro pensionato, 66enne: un compagno di battuta ha sparato convinto di mirare a un cinghiale e lo ha ucciso. Ancora qualche giorno prima, alla fine di ottobre, un bambino era stato centrato in pieno viso da una rosa di pallini sparata nel padre che lo aveva portato a caccia con sé. Il bambino si è salvato, ma è finito in ospedale ad Ancona con numerose fratture al viso.
Tre episodi in pochi giorni, da inserire in un computo ben più pesante: 217 morti e 814 feriti in undici stagioni di caccia, dal 2007 al 2018, come riporta il Corriere della Sera.
Sono incidenti o omicidi? Michela Brambnilla, deputata in quota Forza Italia e presidente della Lega italiana per la difesa degli animali e dell'ambiente, non ha dubbi. Rientrano, dice, in una specifica categoria, che però ancora non esiste: l'omicidio venatorio.
“Continua, tra l’indifferenza delle autorità preposte, lo stillicidio dei morti e dei feriti da caccia" ha detto al Corriere, "il numero delle vittime – almeno otto in questa stagione, tra cui due ragazzi di vent’anni – richiede l’intervento del governo e del Parlamento, che dovrebbe esaminare le mie proposte per l’introduzione di restrizioni alla caccia e, appunto, del reato di omicidio venatorio. Basta con le stragi di animali e di persone”.
Perché vietare la caccia
La Brambilla, aveva fondato, per poi abbandonare dati gli scarsi risultati, un Movimento Animalista politicamente trasversale e tenta la carta della sicurezza. “Dato che questo governo afferma di aver a cuore la sicurezza dei cittadini, mandiamo in carcere chi uccide o ferisce una persona mentre caccia per divertimento. Ho appena depositato una proposta di legge per introdurre, sul modello dell’omicidio stradale, il reato di omicidio venatorio, con la fattispecie collegata di lesioni gravi o gravissime procurate durante l’esercizio della caccia, anche in forma non consentita”.
Tra le idee contenute nella proposta ci sono quelle del silenzio venatorio il sabato e la domenica e di una stretta nelle concessioni delle licenze di porto d’armi per uso “sportivo” o di caccia
Secondo la Brambilla "Chi spara nelle campagne e nei boschi e colpisce una persona dev’essere punito più gravemente di chi commette un “normale” omicidio colposo, proprio perché il cacciatore tiene legittimamente in mano un’arma letale. In analogia con l’omicidio stradale, la pena base ipotizzata è fino a 7 anni di reclusione. In aggiunta, sono previste numerose circostanze aggravanti".
L'obiettivo finale è l’abolizione della caccia" conclude la nota diffusa anche tramite social dall’ex Ministro al Turismo del governo Berlusconi
A chi piace la caccia
A rispondere alla Brambilla, Maria Cristina Caretta, deputata di Fratelli D’Italia da sempre impegnata al contrario su una regolamentazione decisamente più accomodante circa l’arte venatoria, e che ad aprile aveva presentato un altro progetto di legge decisamente in controtendenza rispetto a quello della Brambilla. Alle dichiarazioni della collega infatti risponde così: “L'attività venatoria è un'attività legale e i cacciatori contribuiscono alla tutela della conservazione di specie altrimenti destinate a sparire sotto gli attacchi di predatori, la cui crescita è spesso incontrollata. I bracconieri, al contrario dei cacciatori, agiscono al di fuori della legalità e non vanno confusi con gli appassionati dell'attività venatoria, che esercitano la caccia nel rispetto delle direttive comunitarie, delle leggi nazionali e regionali, che ricordiamo sono le più restrittive di tutta Europa".
Dopo il ferimento di Osimo anche Barbara Mazzali, anche lei di Fratelli d’Italia, forse la politica più orgogliosamente impegnata nel difendere i diritti dei cacciatori, ha commentato la proposta di legge della Brambilla con una lunga nota pubblicata dal sito specializzato cacciando.com: “un fatto terribile è vero, ma un fatto accidentale che non può diventare occasione per l’onorevole Brambilla di agitare il sospetto che i cacciatori siano potenziali assassini da reprimere in tutti i modi. […] Non sopporto l’idea, il pensiero che la mia gente sia assimilata a degli sbandati che sotto l’effetto dell’alcol provocano gli incidenti del sabato sera. Evocare, infatti, la creazione legislativa del reato di omicidio venatorio equivarrebbe a questo, e ciò non è tollerabile. La nostra categoria è già stata fin troppo penalizzata e flagellata da norme sempre più stringenti, non siamo delinquenti! […] L’on. Brambilla parla di ciò che non conosce. Le sue proposte sono fantasiose e non stanno né in cielo, né in terra. […] Le dichiarazioni della Brambilla sono solo un pretesto per portare avanti le proteste dei suoi amici animalisti che alimentano condotte pericolose di gente che cammina per i boschi e campi solo per il puro piacere di disturbare e mettere a dura prova i nervi dei regolari cacciatori. Basta vedere qualche loro sito web per capire che si tratta di gente pericolosa e violenta che prova odio e rabbia repressa, che poi non vede l’ora di sfogare su qualcuno”.
Le fa eco l’europarlamentare di Forza Italia (quindi stesso partito della Brambilla) Stefano Maullu, che tramite una nota ripresa anche questa dai siti dedicati alla caccia come ladeadellacaccia.it dice: “L’accanimento ideologico di Michela Brambilla verso la caccia ha ormai superato i limiti della decenza ed è davvero sconcertante. La deputata vorrebbe infatti introdurre il reato di omicidio venatorio, scagliandosi contro una categoria di cui non conosce assolutamente nulla e di cui continua a occuparsi soltanto per un capriccio o forse per inseguire qualche moda” e conclude rivolgendosi direttamente alla collega, sostenendo che i suoi “valori sono evidentemente contrari a quelli della maggioranza del centrodestra, suggeriamo di fondare una sua personalissima forza politica, magari ispirandosi a qualche movimento di animalisti integralisti”.
Non c’era da aspettarsi una dichiarazione diversa, d’altra parte l’europarlamentare di origini sarde da sempre si schiera a favore dell’utilizzo di armi da fuoco; famosa fu la sua dichiarazione all'indomani dell'attentato a Westminister dell’anno scorso “Non c’era modo più triste e tragico per confermare che fare crociate contro le armi da fuoco non serve a combattere il terrorismo. E i fatti di Londra ci dicono ancora una volta come la Direttiva Europea di limitazione delle armi non vada nella direzione del contrasto del terrorismo, che colpisce con coltelli, automobili, camion, tir e potrebbe colpire con tanti oggetti comuni della nostra quotidianità utilizzati in modo improprio”.
Uccide di più la strada o il fucile?
La proposta di legge della Brambilla, dunque, eguaglierebbe il nuovo reato di omicidio venatorio a quello di omicidio stradale. È naturale chiedersi se il paragone, a livello legislativo, possa reggere; in fondo i morti su strada sono evidentemente più di quelli provocati dalla caccia. Numericamente forse, ma non statisticamente. Uno studio di National Geographic infatti sosterrebbe le posizioni di Michela Brambilla con numeri che guardano alla faccenda da una prospettiva tanto nuova quanto interessante e, matematicamente, allarmante: “nel 2016 ci sono state 3.283 vittime per incidente automobilistico, lo 0.009% delle patenti, mentre ci sono stati lo scorso anno 22 morti in periodo venatorio, lo 0,003% delle licenze, ma in soli 98 giorni”.