È improbabile che quando pronunciò la celebre frase sul quarto d'ora di gloria al quale tutti un giorno avremo diritto, Andy Warhol avesse in mente Internet e sicuramente non immaginava - ma l'idea gli sarebbe piaciuta da matti, c'è da scommetterci - che avrebbe riguardato anche gli animali. Eppure quello degli animali famosi in rete è un fenomeno talmente diffuso e redditizio che il Guardian ha deciso di dedicarvi un lungo articolo.
Una che di questo campo ne sa qualcosa è Loni Edwards. Loni fa l'avvocato quando scopre che le foto e i video di Chloe, la sua bulldog francese, riscuotono molto successo. Numericamente “molto” è un eufemismo, la pagina a lei dedicata (Chloetheminifrenchie) raggiunge in pochissimo tempo i 180 mila followers, un’enormità. La stessa Loni, nell’articolo, spiega che superati i 100 mila followers i post rientrano in un range di valore che va dai tremila ai 15 mila dollari. Mica male, ma non è tutto.
Un mercato che vale milioni
Esattamente come succede agli esseri umani, esiste tutto un mercato pubblicitario, televisivo, cinematografico, legato agli animali. Chloe, per esempio, era contrattualizzata da Google per la pubblicità degli smartphone Pixel e con Swiffer, nota marca di prodotti per pulizie domestiche. Molti altri contratti erano in ballo quando purtroppo Chloe, a causa di un banale errore durante un post-operazione viene a mancare. Loni è devastata dal dolore, non solo per aver perso quella che lei considerava una figlia, ma anche perché i suoi affari sono andati in fumo.
Nel frattempo però Mrs Edwards ha messo su la The Dog Agency, un’agenzia per animali domestici influencer (la visita del sito è fortemente consigliata), ottenendo la procura per star del web come Tuna Melts My Heart , Harlow & Sage e TheDogist. Oggi è in guerra contro una legge che dice che gli animali domestici sono considerati proprietà: ciò significa che se la negligenza di una clinica veterinaria provoca la morte di un animale domestico, la struttura è generalmente responsabile solo dei costi di sostituzione dell'animale, nonostante il fatto che, come dimostra un recente studio, la maggior parte delle persone negli Stati Uniti li consideri come membri della famiglia profondamente amati.
"Dato che gli animali domestici sono considerati proprietà e non hanno diritti, non vi è alcuna negligenza professionale o ripercussioni quando il tuo cucciolo di pelo viene ucciso" continua la Edwards. Anche per questo è al lavoro con il Fondo di difesa legale degli animali promuovendo la campagna di social media #NotProperty. "Gli animali non sono oggetti come automobili o tavoli che possono essere sostituiti", dice la Edwards. "Farò tutto ciò che è in mio potere per spingere al cambiamento”.
Il colonnello Meow
A fare eco alle sue parole, anche Marie Marie Avey, padrona del colonnello Meow, altra star del web da più di 600 mila followers tra Facebook e Instagram morto anche lui nel 2014 portando via con sè gli affari di famiglia. Sembra cinico ma se si pensa ai contratti milionari imbastiti con aziende leader per la cura e l'alimentazione degli animali, si coglie la reale portata della faccenda. Ciò che è successo dopo la morte del colonello Meow, ad esempio, ha dell’incredibile. Tra messaggi di cordoglio, fiori e la disperazione di follower che non volevano accettare la perdita, Marie Avey si è vista costretta a riprendere a postare foto del gatto.
Una volta dato fondo alle riserve di immagini, ha dovuto allargare la famiglia e proporre al suo pubblico di Instagram nuovi personaggi, per cui la pagina è diventata colonelmeowandfriends e conta 301 mila followers che seguono ogni giorno le avventure di Papa Puffpants ("Si comporta come se fosse duro ma ha ancora paura del vuoto") e The Brawd ("Una piccola regina B, dove "B" sta per "stronza"). Marie ha pensato anche di ravvivare i contenuti con video in cui compariva anche lei, ma il web è andato in rivolta: i cultori del colonnello Meow e dei suoi eredi hanno detto no. “Alcune persone – racconta – mi hanno scritto: 'Solo il gatto per favore, la tua voce è fastidiosa'”.
Un’altra famiglia che ha dovuto affrontare la perdita di un animale influencer è quella di Biddy the Hedgehog, un riccio morto nel 2015 lasciando nella disperazione 635 mila followers. “Sapevamo che con la sua morte i nostri 15 minuti di gloria sarebbero finiti” ha dichiarato Toni Deweese, il suo padrone, “Ci sono state un paio di volte in cui abbiamo postato 'in memoria di' foto, ma non era lo stesso. Non avevamo intenzione di uscire e comprare un altro riccio, Biddy era un grande ed era parte della nostra famiglia, non poteva essere sostituito”. No, impossibile sostituirlo. È questa la dura vita che si cela dietro quei video e quelle foto simpatiche di animaletti che tanto ci fanno sorridere. E toglietevi dalla testa l’idea di fare una pagina col vostro micetto mentre fa le fusa, anche se, quante centinaia di migliaia di euro potrebbero fruttare quelle fusa? Vi lasciamo alle vostre riflessioni.