Si è fatto giorno da poco quando nei boschi di Apricale, in provincia di Imperia, Nathan Labolani, 19 anni, sta passeggiando insieme al suo cane, all’improvviso uno sparo proveniente da chissà dove, Nathan è colpito all’addome, fa appena in tempo a chiamare il padre, per dire “Papà, mi hanno sparato nella pancia” e saranno probabilmente le sue ultime parole. A sparare un cacciatore di 29 anni proveniente da Ventimiglia, indagato oggi per omicidio colposo. Aveva visto dei cespugli muoversi e credeva si trattasse di un cinghiale, ma evidentemente si sbagliava.
Accanto al corpo di Nathan è stato trovato un fucile da caccia calibro 12 e una cinquantina di munizioni, ma il giovane non possedeva un porto d’armi. Il sospetto allora è che anche lui fosse impegnato in una battuta di caccia, ma non apparteneva a nessuna delle due squadre (quella di Camporosso e quella di Perinaldo) che quella mattina girovagavano armate nei circa 3 km quadrati dei boschi di Apricale.
Ambientalisti contro cacciatori
Una vicenda che riaccende i riflettori sull’annoso problema riguardante la caccia, ritenuta da molti un’attività pericolosa nonché moralmente ingiusta. E quando di mezzo c’è una vittima, per giunta giovane, è normale che la rabbia non permetta di riflettere in maniera più coscienziosa sulle situazioni. In tanti si sono fatti sentire dopo il dramma, approfittandone per condannare duramente la caccia in sé e chiedendo alle autorità una modifica alle regolamentazioni dell’attività venatoria.
Scende in campo in particolare il WWF che, tramite il suo sito, scrive al Ministro dell’Interno Matteo Salvini con toni decisamente grevi:
“2 morti e 13 feriti in appena un mese di attività venatoria (preaperture), ma complessivamente a causa di armi da caccia i morti (da 1 a 30 settembre) sono 4 e i feriti 13 (2 morti e 5 feriti non cacciatori, tra cui un minore). Questo il bilancio della sola “anteprima” della stagione venatoria in corso che emerge dai dati dell’Associazione vittime della caccia. Il dato complessivo della scorsa stagione parla invece di ben 114 vittime, tra cacciatori (80 - 20 morti e 60 feriti) e non cacciatori (34 - 10 morti, 24 feriti). L’aumento delle vittime tra i non cacciatori parla chiaro: la caccia, la presenza di un “esercito armato” non è più compatibile con il pacifico godimento della natura da parte di passeggiatori, escursionisti, famiglie, birdwatchers. Un vero e proprio bollettino di guerra che coinvolge infatti sia cacciatori sia persone del tutto estranee all’attività venatoria. […] Non si tratta di fatalità, come spesso si legge dalle cronache dei giornali locali, ma di incidenti tutt’altro che inevitabili e spesso causati da una "aperta violazione della Legge quadro nazionale (Legge n.157/1992) e delle Leggi regionali di settore” come si legge nella lettera a firma del Vice Presidente dell’Associazione, Dante Caserta. […] il WWF sottolinea l'incompatibilità della caccia con altri tipi di godimento degli spazi naturali. Non è tollerabile che chi vuole fare un’escursione o una passeggiata in natura debba avere a che fare con persone armate che seminano piombo per le campagne. Oggi la natura è molto più frequentata rispetto a 30 anni fa e il suo utilizzo ricreativo è incompatibile con l’azione armata. […]”.
Salvini non ha dato risposta diretta ma dal palco di Pontida lo scorso 2 luglio si era espresso chiaramente a favore dei cacciatori dicendo: “Giù le mani dalle nostre tradizioni, dalla nostra storia dalla nostra cultura. Se non ci fossero nei nostri boschi coloro che i nostri animali li amano e li curano sarebbero problemi per tutti”.
Interviene il ministro dell'Ambiente
Si è invece esposto diversamente post tragedia il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, cui nomina aveva preoccupato da subito gli amanti della caccia date le sue idee notoriamente contrarie, che prima interviene col Corriere della Sera dicendo “Interverrò con le regioni, farò un appello affinché cancellino la domenica dal calendario venatorio. Questo appello alle regioni è l’intervento più immediato che posso fare, ma adesso formalizzerò anche un appello al Parlamento perché si diano da fare per modificare la legge sulla caccia” e poi alza le braccia con i suoi followers su Facebook scrivendo:
“In tantissimi mi avete scritto chiedendomi una posizione netta sulla caccia. Quanto è accaduto ieri è una tragedia enorme, che ci ha colpiti tutti nel profondo. Ho detto più volte che stiamo lavorando all’inasprimento delle pene per i bracconieri e per chiunque maltratti gli animali. Ma qui siamo in un campo differente. Parliamo di attività venatoria autorizzata e le mie convinzioni purtroppo valgono poco”.
Ma al Ministro, in difesa dei cacciatori, ai quali proprio non va giù l’idea di vedersi negata la domenica per la loro attività preferita, rispondono gli eurodeputati Comi, Cicu e Sernagiotto:
“Non condividiamo affatto la strumentalizzazione in atto rispetto a quella che comunque è stata una doppia tragica fatalità (alla morte del ragazzo si aggiunge, seppur imparagonabile, il peso che rimarrà per sempre sulla coscienza del cacciatore che ha ucciso involontariamente, per errore). La caccia – continuano – è un’attività ricreativa legittima, con finalità gestionali di utilizzo sostenibile di una risorsa naturale rinnovabile, la fauna selvatica, nonché un’attività rigidamente regolamentata dal Governo […]. Imporre il silenzio domenicale per tutti, oltre ad andare contro il principio di sussidiarietà previsto dalla Costituzione, penalizzerebbe in modo eccessivo la pratica venatoria, che è una tradizione sana e amica dell'ambiente, che si tramanda di generazione in generazione, spesso coinvolgendo insieme genitori e figli, e che vede naturalmente nella domenica la giornata di maggior fruizione. Non cadiamo, Signor Ministro, nella tentazione di criminalizzare una disciplina che vanta centinaia di migliaia di praticanti, e le cui ricadute, soprattutto proprio nel caso particolare della caccia ai cinghiali, sono fondamentali anche per un altro settore, quello dell'agricoltura. Si faccia piuttosto uno sforzo maggiore in termini di prevenzione e di sicurezza della pratica venatoria e di sensibilizzazione dei cacciatori su questi temi”.
Al Ministro Costa risponde anche ufficialmente Giuseppe Pan, Assessore alla Caccia del Veneto: “Purtroppo, non credo che vietare le doppiette di domenica annulli il rischio di incidenti, come quello successo ieri in Liguria: una vera tragedia, e bisogna avere rispetto per la famiglia della giovane vittima. Gli incidenti di caccia possono accadere il sabato o in qualunque altro giorno della settimana. Per ridurre al massimo questi rischi, l'unico metodo è la prevenzione e la preparazione dei cacciatori, come facciamo noi in Veneto dove i cacciatori sono circa 42 mila e sono coinvolti - tramite selezione, in corsi e affiancamento con le guardie forestali - nei piani di contenimento del cinghiale”.
Sospendere l'intera stagione?
Il calendario venatorio, ovvero il periodo in cui è possibile cacciare, è redatto ogni anno entro giugno dalle Regioni e va dal primo settembre al 31 gennaio. Ciascun cacciatore può esercitare la caccia per 55 giornate a stagione venatoria e con un limite di tre giorni alla settimana (due in Sardegna), con l'esclusione del martedì e del venerdì che sono giorni di silenzio venatorio, per cui nessun cacciatore, per nessun motivo può andare a caccia. Escludere la domenica dunque, come propone il Ministro Costa significherebbe dare un taglio netto al tempo che un appassionato avrebbe la possibilità di dedicare al proprio hobby.
Ma L’Ente Nazionale Protezione Animali vorrebbe ancora di più, chiede infatti ufficialmente la sospensione immediata della stagione 2018/2019: “Ormai è indiscutibile che nel nostro Paese esiste una emergenza sicurezza è che questa emergenza è legata all'esercizio della caccia. La morte del 19enne, alla famiglia del quale esprimiamo la nostra solidarietà, è solo la punta dell'iceberg di una pratica che ogni anno causa milioni di vittime animali e decine di vittime umane, anche tra gli stessi cacciatori. La situazione è ormai fuori controllo”. C’è da chiedersi, sul piano meramente morale, quanto il ritrovamento di un fucile accanto al cadavere del povero Nathan Labolani, e quindi il sospetto che anche lui potesse essere un appassionato (anche se non in regola), possa ridimensionare le opinioni rispetto la faccenda.
I cacciatori non ci stanno
Sul tema infatti intervengono anche i cacciatori, che non vogliono assolutamente fare la figura dei cattivi; decidono quindi di scrivere anche loro al Ministro dell’Interno per rispondere alle accuse del WWF, a firmare la lettera Paolo Sparvoli, Presidente dell’Associazione Nazionale Libera Caccia:
“Il WWF Le avrebbe indirizzato un’accorata lettera dai toni quanto mai allarmistici chiedendoLe di intervenire con una serie di severe misure atte a limitare (se non a cancellare del tutto) l’attività venatoria. A motivare questa richiesta ci sarebbe, secondo l’autorevole associazione ambientalista, un allarmante numero di incidenti avvenuti in ambito venatorio che hanno causato, nel mese di settembre, la morte di 2 cacciatori e il ferimento di 11. Mi permetto, onorevole ministro, di fare alcune precisazioni fornendoLe, al contempo, alcuni dati, tratti da una corposa ricerca pluridecennale compiuta dal CNCN, che sicuramente nessuna associazione anticaccia e nessun organo di informazione – tanto meno quelli del servizio pubblico – Le forniranno mai. Innanzitutto, i morti non sono 2 ma 4: 1 a causa di un malore; 1 nelle mura domestiche durante le operazioni di pulizia dell’arma; 1 per un colpo partito dal suo stesso fucile rimasto incastrato; infine il tragico incidente, dai contorni ancora tutti da chiarire, avvenuto il 30 settembre in Liguria. Al tempo stesso, i feriti non sono 11 ma 14, cinque dei quali (tutti di lievissima entità) fra non cacciatori. Chiarite queste inesattezze, che dimostrano l’approssimazione dei dati forniti dal WWF e, in sostanza, la loro inattendibilità, vorrei suggerirLe, egregio signor ministro, di chiedere alla preoccupata associazione anticaccia che, per allarmare Lei e la pubblica opinione, ha definito questi dati “un bollettino di guerra”, come definirebbe, invece, questi altri dati relativi agli incidenti (circa 200) avvenuti nel mese di settembre sui monti, nelle campagne e nei mari italiani.Cercatori di funghi: 24 morti (4 per un malore); 2 dispersi e 24 feriti di cui 7 gravissimi-Escursionisti: 21 morti (3 per un malore); 1 disperso e 30 feriti di cui 4 gravissimi-Bagnanti annegati: 16 morti e 3 feriti gravi-Subacquei: 2 morti e 2 feriti[…] i circa 700.000 cacciatori italiani […] non meritano assolutamente di essere al centro di questa spietata campagna di diffamazione e criminalizzazione mediatica di stampo esclusivamente ideologico.”
Una guerra che come si è riaccesa probabilmente si spegnerà nuovamente fino al prossimo anno o, dio non voglia, fino alla prossima tragedia. Ma non per Enea Labolani che ha perso un figlio e che oggi dice: “Non so se quell'arma che hanno trovato fosse davvero la sua, io certamente non sapevo che mio figlio la detenesse, ma ciò non cambia la realtà dei fatti ovvero che è stato ucciso un ragazzo con la vita ancora tutta davanti. Anche avesse avuto un fucile, non è stato lui a sparare. Nulla giustifica la sua morte. Avrebbe potuto avere un bazooka o una canna da pesca, ma nulla cambierà quello che è successo. Ora, voglio soltanto giustizia”.