"Sì, era mafia ma Roma non è Palermo". "Il problema più grave resta la corruzione". Così il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone sulle sentenza d'appello per Mafia capitale in due interviste a Il Corriere della Sera e a La Repubblica. Pur essendo il "Mondo di mezzo" "un gruppo che utilizzava il metodo mafioso, questo come gli altri gruppi inquisiti o condannati per associazione mafiosa, dai Fasciani agli Spada, ai Casamonica, non sono paragonabili a Cosa nostra, alla 'ndrangheta o alla camorra. E Roma - ha affermato parlando con il Corriere - non è Palermo, né Reggio Calabria né Napoli. L'abbiamo sempre sostenuto, anche nel parere contrario allo scioglimento del Comune per mafia", ha detto il procuratore. Quello che contraddistingue la 'mafosità' del gruppo di Carminati e Buzzi "non è il controllo del territorio, ma il controllo di un ambiente sociale, di alcuni settori dell'imprenditoria".
"La nostra elaborazione avanzata dell'associazione mafiosa era già basata su alcune pronunce della Corte suprema, che poi l'ha ribadita in altre sentenze. La corte d'appello ne ha preso atto e ha individuato un condizionamento di tipo mafioso".
"Non tutti i traffici di droga si possono considerare mafiosi, così come non tutti le corruzioni. Ci dev'essere un condizionamento derivante dal vincolo associativo, ed è necessaria la "riserva di violenza" riconosciuta all'esterno. Detto questo, anche dopo questa sentenza, ripeto che a Roma il problema principale non è la mafia". E qual è? "Credo che si possa individuare in quell'insieme di reati contro la pubblica amministrazione e l'economia che va sotto il nome di corruzione ma comprende le grandi bancarotte, le grandi frodi fiscali, le grandi turbative d'asta e fenomeni correlati. La cifra di una metropoli come Roma è la complessità, anche sotto il profilo criminale. Mafia capitale è solo un tassello di un mosaico molto più grande e complicato".
"Io fui il primo - ha detto Pignatone a Repubblica - dopo gli arresti, a esprimere parere contrario allo scioglimento per mafia dell'assemblea capitolina. Proprio perché sostenevo che la peculiarità di Mafia Capitale era tale che si poteva ritenere cessata l'associazione mafiosa nel momento in cui era stata disarticolata". Come è possibile che la Corte di Appello, pur riconoscendo il reato più grave di mafia, abbia poi ridotto le pene? "Le pene per il 416 bis sono state modificate in senso più afflittivo successivamente agli arresti del dicembre 2014. Noi abbiamo ritenuto che le nuove pene, più alte, potessero applicarsi perché ritenevamo che l'associazione a delinquere, formalmente, dovesse essere considerata "attiva" fino al pronunciamento della sentenza di primo grado. L'Appello, al contrario, penso abbia ritenuto che Mafia Capitale sia cessata al momento degli arresti e dunque che il calcolo delle pene andasse fatto con le vecchie norme".