Quasi 40 anni fa Riccardo Morandi aveva detto di tenere d'occhio il suo ponte. Quello di Genova, venuto giù con le vite di 43 persone la vigilia di Ferragosto, e il cui crollo ha reso nervosi gli amministratori di qualunque territorio abbia un cavalcavia disegnato dall'ingegnere.
A preoccuparlo, rivela un documento pubblicato in esclusiva da La Verità, era la minaccia rappresentata dalla salsedine e dai fumi della vicina acciaieria Ilva.
In sostanza nella relazione, datata 1979 e scritta in inglese verosimilmente per un convegno, Morandi scriveva che attraverso le fessurazioni, salsedine e fumi si insinuavano fino al metallo dei tiranti immersi nel calcestruzzo e li corrodevano senza che dall'esterno si potesse notare nulla. E questo appena 12 anni dopo l'inaugurazione.
L'ingegnere scriveva che la struttura "viene aggredita da venti marini che sono canalizzati nella valle attraversata dal viadotto. Si crea così un'atmosfera ad alta salinità che per di più sulla sua strada si mescila con i fumi dei camini dell'acciaieria e si satura di vapori altamente nocivi".
"Penso che prima o poi e forse già tra pochi anni, sarà necessario ricorrere a un trattamento per la rimozione di ogni traccia di ruggine sui rinforzi esposti, con iniezioni di resine epossidiche dove necessario, per poi coprire tutto con elastomeri ad alitissima resistenza chimica"
Già nel 1979, scriveva l'ingegnere, il calcestruzzo mostrava una "perdita di resistenza superficiale" e sette anni prima, nel 1972, ossia solo 5 anni dopo l'inaugurazione, era stato necessario sostituire alcune piastre con elementi in acciaio inox.
Per Morandi era importante proteggere "la superficie del calcestruzzo, per accrescerne la resistenza chimica e meccanica all'abrasione". E 16 anni dopo quella relazione, i tecnici del Politecnico di Milano guidati da Carmelo Gentile erano arrivati alla stessa conclusione. Due anni di osservazione, tra il 1993 e il 1995, avevano permesso di capire che gli elementi critici della struttura erano proprio i tiranti, quelli che, secondo una testimonianza, sarebbero crollati piombando sulle carreggiate e innescando un devastante effetto domino. I tirati di metallo affogati nel cemento si stavano corrodendo, proprio come aveva previsto Morandi, che pure aveva immaginato quella soluzione.
Nel novembre del 2017 ancora i tecnici del Politecnico guidati da Gentile suggerirono l'installazione di sensori per monitorare il ponte in tempo reale. Autostrade, secondo quanto dice a La Verità Stefano Della Torre, collega di Gentile, preferì aspettare e inserire il piano sensori nel complesso dei lavori da far partire dopo l'estate.